Negli anni scorsi i volontari organizzavano attività per far sentire meno la solitudine. Ora i detenuti sono in condizioni sempre più precarie e l’unico conforto è il telefono
- Prima del covid, il giorno di Natale i volontari organizzavano attività per i detenuti, come il pranzo tutti insieme e la messa. Quest’anno invece non è possibile fare nulla e la solitudine si fa sentire.
- L’unico conforto rimasto è il telefono e le videochiamate. Nel carcere di San Vittore, il direttore le permette più volte a settimana. Ma soprattutto i detenuti stranieri non hanno soldi per farle.
- Il disagio psichico è altissimo. «I più gravi si tagliano o commettono atti di autolesionismo, gli altri litigano per sfogare la rabbia, alcuni riescono a trovare sostegno nei nostri colloqui», racconta una psicologa.
«In carcere, Natale è il giorno più triste dell’anno. Richiama la casa, la famiglia e le tradizioni e non poterle vivere direttamente apre un pozzo buio di malinconia», dice don Marco Pozza, sacerdote del carcere di Padova. Lui l’antivigilia l’ha trascorsa tra i detenuti, per portare il conforto di una vicinanza tanto più importante in questa fine di 2020 in cui proprio il contatto umano, già difficile nelle carceri, è diventato ancora più un lusso a causa della pandemia. Se per i liberi (così i



