Per come attualmente previsto, l’abuso d’ufficio è un reato che funziona?

L’attuale formulazione è stata introdotta a metà del 2020. Per verificare se funziona, colpendo fatti realmente gravi, credo occorra attendere qualche anno.

I dati parlano di molte indagini aperte ma pochissime arrivate a dibattimento. Perché?

Avviene perché da un lato le persone spesso, quando pensano di aver subito un’ingiustizia, denunciano per abuso d’ufficio, dall’altro perché le procure funzionano bene sul punto e richiedono le archiviazioni, in quanto non ogni illegittimità è reato.

È vero che si tratta di un reato difficilmente dimostrabile e che si presta a strumentalizzazioni?

È un reato che richiede una soglia probatoria molto alta, a tutela dei possibili indagati.

Riconosce le ragioni dei sindaci, che lamentano la paura della firma? Molti primi cittadini raccontano storie di indagini a loro carico con l’ipotesi di abuso d’ufficio per le condotte più disparate. Ne cito una: l’ex sindaco di Pistoia indagato per aver dato l’ok a una manifestazione che prevedeva l’uso di conigli senza il via libera della Asl.

Non conosco il caso che lei cita e quindi non sono in grado di esprimere giudizi. Sul piano generale vi sono state tendenze applicative che hanno inteso il reato d’abuso come una sorta di sanzione penale per la violazione di norme, talvolta anche di principi generali. Questa non era la corretta interpretazione, e l’esiguo numero di condanne ne è la dimostrazione, e comunque oggi la norma è scritta in termini estremamente rigorosi, che poco si prestano a torsioni interpretative. Aggiungo che oggi, per quanto apprendo dal mio lavoro, sono più i magistrati che i sindaci ad essere denunciati per abuso d’ufficio.

Quindi anche i magistrati sarebbero beneficiati dalla cancellazione?

Non è questo il punto, secondo me. I procedimenti relativi ai magistrati sono archiviati nella stessa misura di quelli relativi agli altri agenti pubblici.

Sta dicendo che la colpa è dei magistrati che interpretano in modo improprio la fattispecie?

Non è un problema di colpa: vi sono state diversità interpretative, oggi eliminate dalla nuova formulazione del reato. Del resto, quando la norma non è ben scritta si presta a interpretazioni anche molto diverse e questo è un problema anzitutto per i magistrati.

C’è del vero nella posizione di chi ritiene che l’abuso d’ufficio sia un reato ad alto danno d’immagine per l’imputato ma bassissimo impatto penale e che quindi sia un’arma contro la politica?

È vero che essere indagati è un fatto pregiudizievole in sé, almeno sul piano reputazionale, ed è vero che il reato d’abuso fino ad oggi ha generato molte archiviazioni e poche condanne. Tuttavia, dopo la riforma Cartabia, il sistema contiene degli anticorpi, utili a tutelare la sacrosanta esigenza di non essere indagati “a prescindere”. Il comma 1 bis dell’art. 335 del codice di procedura, oggi, impone, per l’iscrizione nominativa nel registro degli indagati l’esistenza di specifici elementi indizianti.

Valorizzando questa novità, e ritenendo che tali specifici elementi indizianti debbano riguardare anche il fatto per cui vi è iscrizione, la possibilità per il decisore pubblico di finire nel registro degli indagati è di molto ridotta. Se si obietta che quella indicata è una interpretazione, superabile da altre uguali e contrarie, basterebbe introdurre tre parole nel comma 1 bis dell’articolo 335 c.p.p. per evitare ogni questione: non è necessario abrogare l’abuso d’ufficio per evitare iscrizioni inutili e dannose.

Alcuni suoi colleghi lo hanno definito un reato spia, il ministro ha risposto che «un reato o c’è o non c’è, non si può andare a strascico». Lei come la pensa?

L’idea dei reati spia mi convince poco. Sono convinto che i reati debbano sanzionare condotte pericolose o dannose. Ma le chiedo: la condotta di un magistrato, il quale violi consapevolmente la legge per favorire o danneggiare ingiustamente qualcuno, perché suo amico o suo nemico, riconoscendogli ragione o torto, commette un fatto grave o no?

Un decisore pubblico, che affidi appalti deliberatamente violando le leggi che impongono gare a un imprenditore perché suo amico o perché a lui vicino politicamente, garantendogli vantaggi economici che non gli spettavano e danneggiando gli altri, commette un fatto grave o no? Un funzionario di uffici edilizi che violando consapevolmente la legge blocchi la ristrutturazione di casa di una sua vicina perché la considera sua nemica, commette un fatto grave o no? Con l’abolizione del reato d’abuso, i fatti non sarebbero punibili penalmente.

L’argomento dei contrari all’abrogazione è che si rischia l’incostituzionalità per mancato rispetto della convenzione internazionale di Merida. È così?

Sì.

Secondo il ministro, la convenzione non richiede espressamente l’esistenza di questo reato e il comparto di reati contro la Pa sarebbe sufficiente a rispondere alle previsioni internazionali.

Voci numerose e autorevolissime sostengono il contrario.

Parallelamente, il ddl prevede una riscrittura anche del traffico di influenze, con l’aumento della pena minima ma il restringimento del perimetro della fattispecie. È una modifica condivisibile?

L’aumento della pena minima è privo di senso. Non consente l’uso di intercettazioni telefoniche, che in simili casi si rivelerebbero molto utili, e sposta davvero poco. Piuttosto, la riscrittura del reato di traffico d’influenze, ritenuto illecito solo quando sia finalizzato a far commettere un reato, e l’abolizione del reato d’abuso d’ufficio, normalmente il reato che i trafficanti d’influenze tendono a far commettere, di fatto sterilizzano la portata applicativa della norma.

Per effetto di questa riforma, per esempio, se io ottengo 100.000 euro per spingere su un magistrato della Cassazione perché decida in un modo o in un altro, non commetto nessun reato. Non mi sembra una buona cosa.

Quindi l’effetto della modifica di uno e della cancellazione di un altro crea un vuoto normativo?

L’effetto combinato dell’abrogazione dell’abuso e della sterilizzazione del traffico elimina ogni profilo di tutela penale del principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti ai poteri pubblici. Consideri che oggi, e massimamente nei casi di emergenze, il decisore pubblico individua i settori di allocazione di importanti risorse pubbliche. Prendiamo ad esempio la pandemia Covid, che ha prodotto nuove povertà e nuove ricchezze. Stare nell’una o nell’altra casella può dipendere da molti fattori: maggiore o minore capacità imprenditoriale o anche fortuna o sfortuna.

Non è possibile però che la differenza, che per molte aziende può essere tra la vita o la morte imprenditoriale, dipenda dal fatto che un decisore pubblico è tuo amico e, violando la legge, ti faccia un favore che non ti deve fare, oppure dal fatto che tu abbia rapporti con un tizio, che tu paghi, molto vicino al decisore pubblico, che spinge per i tuoi interessi privati in danno di altri.

È il via libera a faccendieri, i quali non potranno essere puniti, che in forme opache medieranno interessi privati verso il settore pubblico, anche in aree come quella giudiziaria in cui non è consentita alcuna forma di mediazione lobbistica. Con un danno collaterale non di poco conto per chi legittimamente esercita l’attività di lobbying costituzionalmente tutelata. Non sarebbe stata più urgente una regolazione dell’attività di lobbying, attesa da oltre 30 anni?

Sarebbe stato più saggio, quindi, mantenere l’abuso com’è ora o ci sarebbero modifiche da poter suggerire per andare incontro alle rimostranze dei sindaci?

A mio giudizio la riforma Cartabia rimette le cose a posto e il reato può restare così com’è.

Il ministro ha detto che siamo solo al primo passo e si è lamentato di quella che lui considera una interferenza della magistratura nell’attività del governo. Vuole rispondergli?

I magistrati non devono interferire con l’attività dei ministri, così come i ministri non devono interferire sull’interpretazione delle leggi da parte dei magistrati. Non credo però che svolgere riflessioni critiche, anche costruttive, sia un’interferenza. Non lo è sul piano oggettivo e neppure su quello soggettivo.

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