La procura di Catania sarà contesa tra un candidato espressione dei gruppi associativi e uno che invece è sostenuto dai laici e dagli indipendenti.

Ufficio chiave vista la rilevanza dei casi che Catania tratta a partire da tutte le questioni legate all’immigrazione (il caso Apostolico è partito da Catania), a contenderselo erano molti nomi. La commissione Incarichi direttivi, dopo cinque settimane di rinvii, molte polemiche e dopo aver audito tutti i candidati, ha deciso: sarà una corsa a due, con da una parte il procuratore capo di Potenza Francesco Curcio e dall’altra l’aggiunto di Catania Francesco Puleio.

Peculiare, però, è la dinamica che ha portato questi due candidati ad ottenere tre voti a testa in commissione.

Curcio, “papa straniero” e considerato molto vicino al produratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, era il candidato più vicino alla corrente progressista di Area ma su di lui è confluita anche la preferenza di Unicost e, a sorpresa, anche quella dei conservatori di Magistratura indipendente. Si sta così rinsaldando un’asse inedito, che vede i due principali gruppi associativi uniti nonostante gli orientamenti opposti. Secondo fonti interne, si tratterebbe di tentativi di stabilizzare un accordo in vista della prossima presidenza dell’Associazione nazionale magistrati, dopo la conclusione del quadriennio sotto la guida di Giuseppe Santalucia di Area.

Inizialmente, infatti, il nome di Curcio sembrava quello più penalizzato sia dalla provenienza esterna alla procura, che perchè sostenuto principalmente dalla corrente progressista. Invece i movimenti interni ai gruppi hanno portato a una convergenza.

Non si tratta di un fatto inedito: lo stesso è accaduto per la nomina dell’avvocato generale di Cassazione. In quel caso il nome è stato quello di Gabriele Mazzotta, sostenuto da Area ma eletto grazie alla sponda dei togati di Mi.

Da fonti di Mi, tuttavia, viene precisato che il voto in commissione da parte della togata Maria Grazia Mazzola sarebbe a titolo personale e non impegna il gruppo.

Dall’altra parte, invece, Puleio è stato sostenuto dal togato indipendente Andrea Mirenda, che è anche relatore della pratica e nei giorni scorsi aveva attaccato i gruppi perchè riteneva che volessero ritardare la nomina così da poterla fare “a pacchetto” con la procura generale di Napoli e Salerno, pratica fortemente invisa e criticata dal Quirinale: «Le correnti hanno una mentalità spartitoria e vogliono arrivare alla quadratura», aveva accusato. Su Puleio sono arrivati anche i due voti dei laici, quella in quota FdI Daniela Bianchini e di Ernesto Carbone di Italia Viva.

Il risultato è dunque un confronto inaspettato, che vede i gruppi associativi contrapposti in modo netto ai laici e che ha escluso i due candidati che – sugli otto che si erano presentati – erano considerati i più qualificati per ragioni di curriculum. 

E’ stato scartato infatti il nome di Ignazio Fonzo, procuratore aggiunto di Catania e considerato uno dei candidati più preparati, anche per anzianità, dal punto di vista del curriculum.

Fuori dai giochi infatti è rimasto soprattutto l’ex consigliere del Csm, ex direttore del Dap e aggiunto a Catania, Sebastiano Ardita, fondatore insieme all’ex amico Piercamillo Davigo della corrente di Autonomia&Indipendenza, strappando con Mi. Nei giorni scorsi, alcuni gruppi della società civile avevano addirittura organizzato un sit-in davanti al tribunale e stampato manifesti per chiedere la sua nomina a procuratore capo. 

Invece, il suo nome come quello di Fonzo non arriveranno nemmeno davanti al plenum, che nelle prossime settimane – e dopo un anno di attesa – deciderà il nome del successore di Carmelo Zaccaro.

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