Un tranquillo mercoledì di plenum al Consiglio superiore della magistratura si è movimentato con un colpo di scena che segna la prima vera spaccatura dell’asse tra i laici di centrodestra e il gruppo dei togati di Magistratura indipendente.

L’occasione è stata il voto dell’avvocato generale di Cassazione, incarico apicale che era ambito tra tre candidati: Giuseppina Casella, ex membro del Csm di Unicost e sostituto pg di Cassazione; Giulio Romano, anche lui ex membro del Csm per Magistratura indipendente e oggi magistrato dell’ufficio del Massimario in Cassazione e Gabriele Mazzotta, sostenuto da Area e procuratore aggiunto della procura di Firenze. Alla fine, a farcela è stato – contro ogni previsione della vigilia – l’outsider Mazzotta. A sostenerlo al ballottaggio, però, è stato un inedito e del tutto inatteso asse tra i progressisti di Area e i conservatori di Mi.

In prima votazione, infatti, Mi aveva sostenuto da sola con 6 voti il suo candidato Romano. Al ballottaggio, invece, li ha fatti convergere a sorpresa su Mazzotta che così ha ottenuto 16 voti: quelli di Mi più i 5 di Area, cui si sono aggiunti quelli dell’indipendente Fontana e dei laici di Pd e M5S. E’ uscita sconfitta, dunque, la candidata di Unicost su cui si erano schierati i laici di centrodestra in prima votazione e che aveva ottenuto 13 preferenze, che sono diventate 14 al ballottaggio con l’aggiunta – anche in questo caso inedita – della togata progressista di Magistratura democratica, Mimma Miele, che ha spiegato di essersi orientata per la candidata con più anzianità di servizio.

A fare le spese di questa inedita spaccatura, tuttavia, è stato il vicepresidente Fabio Pinelli. Prassi delle scorse consiliature voleva che il vicepresidente si astenesse sulle nomine, Pinelli invece ha abituato il consiglio al fatto di scegliere di partecipare ad alcune votazioni. Un dettaglio fondamentale: quando vota, la preferenza del vicepresidente vale doppio in caso di parità. Così era stato nella molto discussa nomina del procuratore capo di Firenze, in cui il suo voto è stato determinante in favore di Filippo Spezia, ma anche più di recente con la nomina di Concettina Epifanio alla guida del tribunale di Palmi. Nel caso dell’avvocato generale di Cassazione, però, la mossa di Mi ha di fatto neutralizzato anche vicepresidente, che è finito in minoranza.

La spaccatura

Oltre alla sconfitta di Pinelli (e del suo ufficio di presidenza che ha sostenuto Casella sin dalla prima votazione), il dato di realtà è la nuova geometria. Secondo fonti interne al consiglio, Mi avrebbe scelto la linea di marcare in modo sempre chiaro la sua autonomia, rendendola evidente al centrodestra con un voto di rottura su una nomina di grande rilevanza. I segnali, però, già c’erano stati con vicenda dei membri della Scuola superiore della magistratura e la sottoscrizione della richiesta di una pratica sul dl del ministro Carlo Nordio sui test psicoattitudinali.

L’inedita asse con Area sarebbe da leggersi come un fatto contingente, l’attenzione va fissata sul segnale all’interno della complessa dinamica tra le anime conservatrici in consiglio: i laici di centrodestra, i togati di Mi e il vicepresidente Pinelli, sempre più isolato anche rispetto alla componente che lo ha eletto.

Con un elemento in più da considerare: la nomina di Mazzotta libera un altro posto nella procura di Firenze, ormai quasi svuotata della vecchia guardia che componeva il team di aggiunti dell’ex procuratore capo Giuseppe Creazzo: Luca Tescaroli è diventato procuratore capo a Prato, Mazzotta ora andrà in Cassazione e Luca Turco è prossimo alla pensione. Il posto di Mazzotta, ora, potrebbe essere ambito proprio da una toga vicina a Mi.

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