Il ddl civile, il disegno di legge delega al governo che punta a riformare e soprattutto velocizzare la giustizia civile italiana, arriva in aula al Senato mercoledì 15 settembre. Martedì vengono risolti gli ultimi cavilli tecnici con il passaggio finale in commissione Giustizia, dopo il via libera della commissione Bilancio e il parere del ministero dell’Economia. Nel pacchetto di norme, che introducono novità soprattutto di tipo procedurale, è compresa anche la riforma organizzativa che sarà una sorta di piccola rivoluzione del settore del diritto di famiglia, che subirà un totale riordino.

Oggi esistono due strutture quasi parallele, il cui spartiacque è l’età anagrafica. Da una parte c’è il tribunale per i minorenni, istituito nel 1934, che si occupa di tutte le situazioni giuridiche – penali, amministrative e civili – che hanno come soggetti i minori di età. Si tratta di un tribunale di fatto indipendente, che ha risorse e organizzazione propri, oltre che giudici togati minorili e giudici onorari con competenze specifiche non di natura giuridica (generalmente psicologi o esperti di pedagogia). Con la maggiore età, il tribunale competente diventa quello ordinario e le questioni legate alla famiglia sono affidate a una sezione specializzata.

Il ddl civile punta a eliminare questo dualismo, creando un unico ufficio specializzato nelle questioni di famiglia, che riunisca in un solo tribunale ordinario le sezioni famiglia e i tribunali per i minorenni con le relative strutture e risorse oggi destinate.

Questa riforma ha l’obiettivo anche di ridurre la distanza tra il giudizio ordinario e quello che nel tempo è diventato un rito diverso dagli altri e condizionato fortemente dalla presenza nei collegi giudicanti di giudici non togati. La questione è in discussione da molti anni ma non è mai arrivata così vicina all’approvazione: ora i tempi sembrano essere maturi e a mostrare una volontà bipartisan c’è il fatto che l’articolo del ddl è stato frutto dell’accorpamento di emendamenti presentati da tutti i gruppi parlamentari. «Il testo finale è stata la sintesi di un’esigenza sentita da tutti: quella di creare un unico centro specializzato, valorizzando quella che è stata l’esperienza del tribunale dei minorenni», spiega la senatrice di Forza Italia Fiammetta Modena, che con Anna Rossomando del Pd e Julia Unterberger dell’Svp è relatrice del ddl.

Cauto ottimismo su questo specifico punto arriva anche dagli avvocati civilisti, molto critici invece sulle riforme di rito contenute nel ddl civile: «La concentrazione di competenze in un unico ufficio è utile, perché semplifica le procedure. Tuttavia, nei decreti delegati, bisogna fare sì che la tutela dei minori rimanga preferenziale e rafforzata», spiega Antonio de Notaristefani, presidente dell’Unione nazionale camere civili.

Al Senato la sensazione è che il testo arrivi in aula già sufficientemente limato da non trovare particolari intoppi per l’approvazione. La questione più controversa su cui si è trovata una mediazione tra Partito democratico e Lega ha riguardato i casi di violenza domestica nelle separazioni con affido di minori. Il Pd e in particolare i membri della Commissione d’inchiesta sul femminicidio, infatti, hanno chiesto l’esclusione dell’affido condiviso in questi casi di violenza, per evitare nuovi contatti soprattutto a tutela delle donne.

Sul punto, però, è scoppiata la polemica con il senatore Simone Pillon, il quale aveva parlato del rischio che «senza scrupolo possano privare il minore della bigenitorialità senza lo straccio di una prova». Il punto di equilibrio è stato quello di prevedere nella norma che, nel caso di denuncia di violenza domestica, vengano portate al giudice precise allegazioni, con l’abbreviazione dei termini processuali per velocizzare le decisioni e l’assicurazione di misure di salvaguardia, in applicazione della convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne. Un intoppo, quindi, superato con un paziente lavoro in commissione.

Il tribunale unico

Il risultato del testo condiviso è che il nuovo tribunale sarà diviso in sezioni distrettuali (una per ognuno dei 26 distretti di corte d’appello) e in sezioni circondariali nelle 165 sedi di tribunale ordinario.

Alla sezione circondariale sono assegnate tutte le controversie civili che prima erano di competenza delle sezioni specializzate famiglia dei tribunali ordinari, a cui si somma anche la competenza sugli affidi e soprattutto sulla potestà genitoriale (gli interventi in caso di disagio del minore, la perdita o il reintegro della potestà). La sezione distrettuale, invece, si occuperà di tutte le rimanenti competenze civili che oggi sono del tribunale per i minorenni, come le adozioni, oltre alle funzioni penali e di sorveglianza.

Dal punto di vista organizzativo, il nuovo tribunale della famiglia godrà di tutte le novità per la velocizzazione delle procedure: ufficio del processo (ovvero un pool di giudici onorari e giovani collaboratori come ausilio nella redazione delle sentenze) e informatizzazione.

A cambiare sarà anche il metodo di lavoro dei giudici: nelle sezioni circondariali giudicherà un unico giudice monocratico; nelle sezioni distrettuali un collegio di tre giudici. Fanno eccezione i procedimenti di adozione, in cui il collegio sarà di due giudici togati e due onorari.

Il passaggio dal modello attuale a quello previsto dal ddl civile sarà comunque graduale: realisticamente, il nuovo tribunale della famiglia entrerà in funzione a inizio 2025. Bisogna infatti attendere l’approvazione dei decreti delegati nel 2022 e la riorganizzazione materiale delle strutture, che non sarà un passaggio rapido né indolore, viste anche le necessità di una disciplina transitoria per la trattazione delle pendenze prima che il nuovo tribunale vada a regime.

 

© Riproduzione riservata