La riforma penale da poco entrata in vigore ha previsto che alcuni reati considerati di lieve entità ora siano perseguibili a querela della vittima e non più d’ufficio. Questa modifica ha subito sollevato perplessità da parte della magistratura in particolare per tre reati: il furto aggravato, lesioni e il sequestro di persona semplice.

Si tratta infatti di reati potenzialmente poco lesivi, ma la riforma non prevede che la procedibilità rimanga d’ufficio nei casi dell’aggravante mafiosa, che ne aumenta la pericolosità sociale.

Proprio oggi, infatti, è stata resa nota la notizia del caso di tre boss, imputati di lesioni aggravate dal metodo mafioso e sotto processo a Palermo, per cui non è stato possibile chiedere la conferma della misura cautelare in carcere.

Il giudice, come da previsioni della riforma, ha contattato le vittime per sporgere querela e permettere la continuazione della misura, ma si sono rifiutate. Per questo, il pm non ha potuto far altro che chiedere la revoca della misura per mancanza della condizione di procedibilità. 

I tre, in realtà, sono sotto processo anche per altri reati più gravi – associazione mafiosa ed estorsione – quindi rimarranno comunque in carcere. Tuttavia, il rischio della riforma così scritta è risultato evidente.

Le richieste del Pd e Anm

«Bisognava dosare meglio la selezione dei reati che sono effettivamente minori, forse il Pnrr ha messo fretta», ha spiegato il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, al nostro giornale. «Come spesso capita le scelte astratte non hanno la fantasia che la realtà poi ci mostra. Per questo auspico un intervento del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, per apporre alcuni correttivi nei due anni di tempo a disposizione».

La stessa richiesta è stata avanzata anche dal Pd, con la responsabile Giustizia, Anna Rossomando, che ha detto che «le parole di Santalucia meritano attenzione. Ci impegnamo subito affinchè, con un intervento normatico con carattere d’urgenza, nei casi in cui viene contestata l’aggravante mafiosa, i reati siano perseguibili d’ufficio».

Fonti di via Arenula hanno confermato che anche il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, sta seguendo con attenzione la vicenda e che valuterà, nei due anni di tempo a disposizione, i necessari correttivi alla riforma. 

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