Era nell’aria da mesi e infine è successo: Carlo Rizzo si è dimesso da capo di Gabinetto di Carlo Nordio e ora a via Arenula inizierà una guerra senza quartiere per la sua sostituzione. 

Il clima al ministero della Giustizia era già tesissimo ormai da tempo e l’addio di Rizzo non ha stupito nessuno, visto che gli scatoloni erano già comparsi a fine gennaio. «Preferisce rientrare in ruolo», si limitano a dire fonti ministeriali. Rizzo, infatti, si gioverà di un emendamento al decreto Asset approvato in ottobre, che ha modificato la riforma Cartabia, estendendo a due anni la finestra entro la quale i magistrati fuori ruolo possono rientrare in servizio con funzioni direttive, senza dover aspettare un periodo di cooling off di quattro anni.

Anche al Csm, la notizia non ha colto nessuno di sorpresa. Rizzo, infatti, aveva esplicitamente detto a chi lo aveva cercato di non avere intenzione di ritirare – come invece è prassi che facciano i magistrati che hanno assunto ruoli tecnici nei ministeri – le sue candidature per la presidenza del tribunale di Firenze, per quello di Modena e la Corte d’appello di Brescia, i cui vertici sono scaduti rispettivamente lo scorso dicembre, ottobre e novembre.

La causa

La scelta di Rizzo ha una causa che tutti a via Arenula conoscono: a portare all’esasperazione il magistrato, stimato dai colleghi e dallo stesso ministro, è stato il ruolo sempre più debordante della vice capo di Gabinetto vicario, l’ex deputata di Forza Italia ed ex magistrata Giusi Bartolozzi, che nei mesi si è ritagliata il ruolo di eminenza grigia, ascoltatissima da Nordio e sempre pronta a mettere bocca in tutte le scelte. Nota, però, anche per le sue intemperanze caratteriali e la sua volontà accentratrice. Con il risultato di provocare dissapori al limite dello scontro, con fonti che raccontano di Rizzo asserragliato nel suo studio mentre il ministro veniva monopolizzato da Bartolozzi. Di qui la decisione dell’ex presidente del tribunale di Vicenza: meglio lasciarsi alle spalle gli intrighi politici e tornare alla toga.

Il vuoto

Il vuoto lasciato da Rizzo, però, non potrà rimanere tale a lungo. Sul posto di capo di Gabinetto sono puntati da tempo gli occhi di Bartolozzi che nei mesi scorsi – secondo fonti di maggioranza – avrebbe già tentato di togliere il “vice” dal nome del suo incarico, spingendo all’addio la toga anche prima di ieri e contando sul fatto che questo sarebbe bastato a farle fare lo scatto. L’operazione, però, sarebbe fallita perchè contro di lei sarebbe arrivato il veto del potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, che si interessa molto da vicino di ciò che accade sia al Csm che a via Arenula. Per questo, temendo di venire superata a destra da un nuovo competitor, Bartolozzi avrebbe bloccato la firma di dimissioni di Rizzo. Che ora, però, ha deciso definitivamente di sfilarsi.

Quel che si spettano ora i funzionari del ministero è una guerra aperta per la successione. Bartolozzi sta già lavorando da tempo a una riorganizzazione degli uffici e dei dipartimenti ministeriali con un nuovo regolamento, che accentra nel Gabinetto ministeriale le funzioni di controllo e non più solo quelle di coordinamento e prevede che il vice capo di Gabinetto vicario possa ricevere deleghe attribuite direttamente dal ministro. In questo modo, anche se non arrivasse alla poltrona che è stata di Rizzo, il suo ruolo rimarrebbe comunque blindato.

Se dipendesse da Nordio, spiegano fonti ministeriali, Bartolozzi avrebbe la quasi certezza di potersi spostare d’ufficio. Tuttavia, la scelta non dipenderà solo dal ministro. Mantovano, infatti, sarebbe deciso a suggerire per il ruolo un magistrato di esperienza, che possa stabilizzare un ufficio sull’orlo della crisi di nervi. Nella rosa, ci sarebbe anche il nome di Claudio Galoppi, attuale segretario di Magistratura indipendente (lo stesso gruppo di cui faceva parte Mantovano) e già consigliere giuridico dell’ex presidente del Senato, Elisabetta Casellati.

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