Il palazzo di via Flaminia 189 a Roma rimarrà la sede del Tar del Lazio. Il consiglio di presidenza della giustizia amministrativa infatti ha dato il via libera finale all’acquisto dell’immobile per 57,3 milioni di euro più iva: circa 70 milioni di euro in tutto. La decisione ha chiuso una vicenda che era in corso da otto anni e che nelle sue battute conclusive ha visto la contrapposizione tra vedute differenti, tanto da creare un terremoto tra le mura di palazzo Spada.

Attualmente il Tar Lazio è ospitato in un edificio di circa 10 mila metri quadri di superficie in una zona di Roma semicentrale, dove si trovano Cassazione e tribunale civile. L’edificio è di proprietà di un fondo immobiliare, il Trophy Value Added della DeA Capital Real Estate Sgr, la società di gestione del risparmio del gruppo De Agostini, e per molti anni lo stato ha corrisposto un canone di 4,5 milioni di euro l’anno. Troppi, tanto da giustificare la necessità di un acquisto.

L’iter si è svolto sotto la presidenza di Franco Frattini, con la valutazione di possibili soluzioni sia tra gli immobili già di proprietà demaniale che di altri edifici. Una ricerca infruttuosa, secondo il Demanio, che in una nota aveva confermato «l’indisponibilità di soluzioni alternative» in edifici già di proprietà. Altra strada vagliata è stata quella dell’ex edificio che ospitava la sede della provincia di Roma: in quel caso l’immobile era di proprietà dell’ospedale Bambino Gesù e, nel caso di accordo con la Santa sede, avrebbe avuto un costo di 16 milioni più circa 10 milioni di lavori. Per un totale di 26 milioni, circa la metà di quello che verrà pagato per la sede attuale di via Flaminia.

Allettante per via del prezzo nettamente inferiore, la soluzione però non sarebbe stata convincente per la collocazione decentrata rispetto agli altri uffici giudiziari e la mancanza di mezzi pubblici per raggiungerla, ma soprattutto il fatto che l’edificio avrebbe necessitato di lavori di almeno un paio d’anni, incompatibili con l’urgenza di individuare una nuova sede. Frattini aveva quindi proceduto ad una trattativa con il fondo della DeA, con la riduzione del prezzo da 70 milioni a 57,3 milioni più iva e a partire da quest’offerta si è mosso il successore Luigi Maruotti.

Le due visioni

La decisione di acquistare l’immobile con una procedura molto rapida - che si concluderà con la compravendita a giugno - ha però provocato le dimissioni del segretario generale del Consiglio di Stato Michele Corradino, comunicate formalmente in consiglio di presidenza il 10 maggio. Dimissioni, queste, che sono state accolte con sorpresa in Consiglio di Stato: Corradino, infatti, aveva preso servizio in gennaio e l’incarico ricoperto è di natura fiduciaria, con una durata per prassi che coincide con quella della presidenza che l’ha scelto.

Il segretario generale, infatti, avrebbe ritenuto la necessità di un surplus di valutazione sull’iter di acquisto, dato che la procedura era stata portata avanti sotto una diversa presidenza e con un iter accidentato. Vista la cifra significativa richiesta, avrebbe auspicato un ulteriore approfondimento istruttorio soprattutto sulle sedi di proprietà del demanio militare, come le ex caserme dismesse.

Maruotti, invece, ha ritenuto di voler andare avanti con l’acquisto, perchè l’offerta stava scadendo. Il fondo immobiliare, infatti, aveva comunicato al Consiglio di Stato l’intenzione di vendere in ogni caso l’immobile, al demanio o a privati, col risultato che non sarebbe comunque stato possibile rimanere lì nell’attesa di trovare altre soluzioni adatte. «Un quadro d’urgenza ereditato», è stato definito da una fonte in Consiglio di Stato, e quindi con margini di intervento limitati.

Così dunque è maturata la decisione: acquistare il palazzo di via Flaminia a un prezzo obiettivamente significativo, ma con il vantaggio di evitare traslochi e ristrutturazioni e di consolidare un contesto di fatto già funzionale. Formalmente, inoltre, già erano state ottenute l’istruttoria positiva del Demanio, la conferma della copertura finanziaria da parte dell’ufficio di gestione e l’approvazione del Mef all’acquisto. Ovviamente, come per ogni atto amministrativo di questo tipo, sarà possibile un controllo della Corte dei conti sulla congruità del prezzo.

«Si pone fine così ad una situazione di incertezza per il personale di segreteria e di magistratura e per gli avvocati, che avevano più volte manifestato la preoccupazione per un eventuale cambio della sede», si legge nel comunicato del Consiglio di Stato.

Anche l’avvocatura romana, infatti, si era mossa con una delibera del consiglio dell’ordine per esprimere parere contrario alla soluzione di decentrare il Tar Lazio. «Non entro nel merito del costo, ma la conferma dell’ufficio in una sede attrezzata è una cosa buona per l’avvocatura», ha detto Antonino Galletti, da poco ex presidente dell’Ordine e ora consigliere del Cnf.

La mossa di Maruotti, che pure ha provocato sommovimento e anche qualche fastidio interno, segna così il primo concreto atto pubblico del neopresidente. Il prossimo passo sarà la nomina del nuovo segretario generale al posto di Corradino: il consiglio di presidenza ha dato parere favorevole all’unanimità sul nome di Giulio Castriota Scanderberg.

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