Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza d'appello su Marcello Dell’Utri, del presidente del tribunale Raimondo Loforti, giudici Daniela Troja e Mario Conte


È stato infine definitivamente accertato che a seguito dell'incontro del 1974 erano iniziate le richieste di pagamento da parte di "cosa nostra" a Berlusconi, quale prezzo per la protezione e corrispettivo del patto stretto tra i mafiosi (Bontate e Teresi) e l'imprenditore Berlusconi con la mediazione del concorrente esterno Dell'Utri. Del versamento di somme - ha evidenziato la Corte di Cassazione ( pag. 103) - hanno parlato Di Carlo, Galliano, Scrima e Cucuzza, con dichiarazioni che sono state reputate «capaci di riscontrarsi in maniera reciproca».

Appare necessario riprendere seppur in estrema sintesi, le modalità ed i passaggi dei pagamenti e ciò - solo anticipando il paragrafo che sarà dedicato ai pagamenti relativi al periodo oggetto del giudizio di rinvio ( 1979-1992) - in quanto reputa questo Collegio che dette modalità, detti passaggi e le ragioni sottese agli stessi pagamenti sono del tutto sovrapponibili a quelli realizzati nell' epoca successiva, così come del tutto coincidenti sono gli atteggiamenti di Dell 'Utri nel periodo coperto da giudicato rispetto a quelli relativi al periodo compreso tra 1978 ed il 1992.

Francesco Di Carlo (v. dich. rese all'udienza del 16 febbraio 1998) ha riferito che, proprio a seguito dell'incontro milanese, Cinà gli aveva confidato il suo imbarazzo perché dopo l'incontro gli avevano fatto chiedere a Berlusconi la somma di lire 100.000.000, somma che gli era stata consegnata. Non sapeva se oltre a quella somma ne erano state consegnate delle altre e spiegava che il denaro serviva ad avere la garanzia, non solo di non essere sequestrato, ma per tutto quello che poteva accadere ad un industriale.

Antonino Galliano, nipote di Raffaele Ganci e vicino al figlio di quest'ultimo Domenico, uomo d'onore ritualmente affiliato alla famiglia mafiosa della Noce della quale era stato anche reggente per un certo periodo, ha riferito di avere saputo da Cinà dell'incontro milanese avvenuto tra quest'ultimo, Stefano Bontade, Mimmo Teresi, Dell'Utri e Berlusconi e del fatto che quest'ultimo era stato rassicurato da Bontade che "per maggiore sicurezza" gli aveva mandato Mangano. Secondo Galliano, Berlusconi aveva deciso di fare un regalo a Stefano Bontade ed aveva consegnato a Cinà, due volte all'anno, presso lo studio di Dell'Utri, la somma di 50.000.000 di lire. Salvatore Cucuzza, uomo d'onore dal 1975 appartenente alla famiglia del Borgo e che dal giugno del 1994 ( dopo la sua ultima scarcerazione) aveva affiancato per un certo periodo di tempo Vittorio Mangano nella reggenza del mandamento di Porta Nuova, ha riferito di aver saputo dallo stesso Mangano che quest'ultimo, grazie ali' interessamento di Cinà, era andato a lavorare ad Arcore da Berlusconi.

Lo stesso collaborante ha poi dichiarato che l'imprenditore versava 50.000.00 di lire che erano stati consegnati in un primo momento a Mangano che tramite Nicola Milano li faceva pervenire alla famiglia di Santa Maria di Gesù.

Della consegna di somme di denaro al Mangano ha parlato anche Francesco Scrima, uomo d'onore dellafamiglia mafiosa di Porta Nuova, che aveva conosciuto Mangano in carcere nel 1975, presentatogli come uomo d'onore.

Il collaborante lo aveva incontrato di nuovo nel 1988-1989 presso il carcere di Palermo "Ucciardone" ed anche in seguito fuori dal carcere presso i fratelli Milano con i quali il Mangano intratteneva rapporti. Mangano aveva parlato a Scrima della propria attività di stalliere svolta ad Arcore negli anni '70 e si era lamentato con lui, nel 1988/1989, del comportamento, che aveva giudicato scorretto, tenuto nei suoi confronti da parte di Ignazio Pullarà, reggente della famiglia S.Maria del Gesù, che si era appropriato delle somme che versava Berlusconi e che Mangano riteneva spettassero a lui.

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