Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza d'appello su Marcello Dell’Utri, del presidente del tribunale Raimondo Loforti, giudici Daniela Troja e Mario Conte


In conclusione, con la pronuncia di annullamento, la Suprema Corte ha ritenuto definitivamente accertato - in virtù del giudizio positivo formulato in ordine all'attendibilità soggettiva ed alla esistenza di riscontri reciproci delle dichiarazioni di Di Carlo, Galliano e Cucuzza , collaboranti gravitanti all'interno di" cosa nostra" - i seguenti fatti :

-"l'assunzione - per il tramite del Dell'Utri - di Mangano ad Arcore come la risultante di convergenti interessi di Berlusconi e di "cosa nostra";

- "la non gratuità dell'accordo protettivo in cambio del quale sono state versate cospicue somme da parte di Berlusconi in favore del sodalizio mafioso che aveva curato l'esecuzione di quell'accordo essendosi posto anche come garante del risultato";

-il raggiungimento dell'accordo di natura ''protettiva e collaborativa raggiunto da Berlusconi con la mafia per il tramite di Dell'Utri che, di quell'assunzione, è stato l'artefice grazie anche all'impegno specifico profuso dal Cinà”. (pag 105)

In relazione ai pagamenti è di particolare rilievo sottolineare che la Corte di Cassazione ha poi condiviso l'operato dei giudici della sentenza annullata nella parte in cui avevano ritenuto che le divergenze dei collaboratori in ordine all'ammontare dei pagamenti (Di Carlo aveva riferito che l'imprenditore aveva versato L. 100.000.000, Galliano aveva dichiarato che la somma, corrisposta a titolo di regalo, era pari a L. 50.000.000 e Cucuzza aveva parlato di un versamento annuo di L. 50.000.000), dovessero essere considerate alla stregua di dettagli, trattandosi di racconti "indiretti" che potevano avere subito "variazioni e/o interpretazioni in occasione dei passaggi di confidenze dall'uno all'altro soggetto" considerato inoltre il notevole lasso di tempo intercorso dalla notizia che era pervenuta Galliano ( dieci anni) e la conclusione dell'accordo.

Il nucleo essenziale che era indiscutibilmente emerso dalle dichiarazioni dei collaboratori e che era rimasto" invariato e ripetuto" - secondo i giudici di legittimità (pag. 105) era costituito dalla "ricerca e dal raggiungimento di un accordo tra Berlusconi e "cosa nostra'' per il tramite di Cinà e di Dell'Utri volto a realizzare una proficua reciproca collaborazione di intenti".

Orbene le condotte fin qui delineate e consistite nella ricerca di un contatto con esponenti di "cosa nostra" al fine del raggiungimento di un accordo tra Berlusconi e l'associazione mafiosa, la mediazione nei pagamenti di somme di denaro da parte dell'imprenditore milanese alla stessa consorteria mafiosa in cambio di una generale protezione, sono state ritenute sintomatiche della fattispecie delittuosa contestata all'imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Sono stati ritenuti significativi i rapporti intercorsi tra Dell'Utri ed esponenti acclaratamente mafiosi come Bontate, Teresi, Mangano e soggetti sostanzialmente mafiosi come Cinà, con i quali ed in favore dei quali l'imputato ha posto in essere condotte risultate utili sia per Berlusconi che per l'intera associazione mafiosa alla quale è stato consentito di mantenere e rafforzare il potere economico ed anche il prestigio tramite il contatto con un imprenditore dell'importanza di Silvio Berlusconi.

Tali rapporti intrattenuti con Bontate, Teresi, Cinà e Mangano da parte di Dell'Utri, per il significato concreto che hanno assunto nella conclusione del patto del 1974, lungi dal rientrare tra quelli definiti dalla Corte di Cassazione nella nota sentenza del 12 luglio 2005, n. 33748, come espressione di relazioni e contiguità sicuramente riprovevoli da un punto di vista etico sociale, ma di per sé estranee all'area penalmente rilevante del concorso esterno in associazione mafiosa, sono stati considerati dalla Corte di Cassazione nella sentenza di annullamento, rilevanti e significativi proprio nella realizzazione della condotta tipica dell'imputato in ordine al delitto contestatogli.

Acclarata la conclusione alla quale era pervenuta la Corte di Cassazione, che aveva attribuito alla condotta del Dell'Utri, nel periodo compreso tra il 1974 e la fine del 1977 una definitiva connotazione di rilevanza penale, deve evidenziarsi che lo stesso giudice di legittimità ha rilevato invece un vizio di motivazione della sentenza della Corte d'Appello sia con riferimento al "periodo di quattro anni almeno in cui Dell'Utri si era allontanato dall'area imprenditoriale berlusconiana ed aveva lavorato alle dipendenze di Rapisarda; sia alla questione del dolo che avrebbe assistito la fase dei successivi pagamenti, fino al 1992.

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