«Sei la cosa sbagliata di cui avevo bisogno» è la frase guida che sta sulla copertina del nuovo romanzo di Fabio Volo Tutto è qui per te, Mondadori.

Il libro invece è la cosa giusta perché tiene il primo posto della classifica per la seconda settimana consecutiva, mentre lui sta facendo un book tour trionfale, un vero show, dove incontra le sue lettrici, – siete troppe, fa freddo e poi non sono mica Mick Jagger – cultrici di romanticherie, di allegrie e di frasi guida del lemmario voliano. Soprattutto affamate di emozioni.

Allora Fabio Volo? «Ho avuto la fortuna di intervistare degli scrittori, anche grandissimi, e di chiedere loro come facessero a scrivere i loro libri. Camilleri mi detto che i libri li scriveva in sequenza, proprio come li leggiamo noi, dalla prima all’ultima parola.

Ken Follett invece passeggia, raccoglie appunti e poi un giorno si siede e scrive il libro, ma ce l’ha già tutto in testa. Don Wislow deve sapere tutto del personaggio, anche cose che poi nel libro non ci sono. Quando va al lavoro, cosa beve, cosa mangia. Ognuno ha il suo metodo. Io scrivo in base all’emozione del giorno.

Se mi sveglio che sono allegro, attacco a scrivere il capitolo dove succedono cose allegre; se sono romantico, scrivo la parte romantica del libro, se sono triste, quella malinconica. Seguo le mie emozioni. Forse dovrei seguire i loro consigli, così potrei scrivere libri belli come i loro. Scrivo sempre seguendo le emozioni. Probabilmente ho sempre sbagliato».

Il commissario Ricciardi

A un’incollatura si prende il secondo posto con Soledad, Einaudi Stile libero, Maurizio de Giovanni, che ha inventato l’amatissimo commissario Ricciardi che indaga dentro le atmosfere in bianco e nero della Napoli fascista anni Trenta.

Come nel caso di Volo le presentazioni del bravo scrittore napoletano sono show e bagni di folla. La macchina narrativa del giallo italiano, sia noir, investigativo, procedural, psicologico funziona a pieno regime: con un pubblico di lettori affezionati, fidelizzato dallo sviluppo seriale delle storie e dei personaggi, alimentato dalle belle serie tv e dai film che ne vengono tratti.

Salvo Montalbano, Rocco Schiavone, Luigi Alfredo Ricciardi, Giuseppe Lojacono, Pietro Fenoglio sono ormai protagonisti fissi che popolano l’immaginario giallo italiano, i nostri Maigret o Poirot o Nero Wolfe, hanno i volti, il sembiante e le fattezze dei grandi attori che li interpretano: Luca Zingaretti, Marco Giallini, Lino Guanciale, Alessandro Gassmann, Alessio Boni. Dalla Sicilia, a Bari, Roma, Napoli, Milano, Aosta occupano tutta la geografia con le storie di autori “brand”, di cui il pubblico si fida, che hanno raccolto l’eredità di Camilleri: Antonio Manzini, Gianrico Carofiglio, Donato Carrisi, e appunto Maurizio de Giovanni, tutti autori altovendenti i cui libri stanno sempre in classifica. Questa settimana de Giovanni secondo, Carrisi terzo, Manzini quinto.

1939. L’Italia si prepara a vivere l’ultimo Natale di pace, ma un omicidio squassa il ventre della città a Napoli. In Europa la guerra è cominciata, eppure da noi qualcuno si illude ancora che sia possibile tenerla fuori della porta. E poi sta arrivando la più bella delle feste, quella dove si mangia, si beve, ci si abbraccia, ci si scambiano doni con le persone care; non bisogna avere pensieri tristi.

La solitudine, però, è difficile da scacciare. Puoi essere solo perfino se stai in mezzo alla gente. Soprattutto puoi essere solo se decidono che sei diverso, magari perché non sai parlare o perché ami persone del tuo stesso sesso. O perché, dicono, sei di un’altra razza.

Anche Erminia Cascetta era diversa, a modo suo. Aveva troppa voglia di vivere, perciò l’hanno uccisa. In questo tempo che accelera verso l’abisso, spetta al commissario Ricciardi e al brigadiere Maione scoprire chi è stato. La chiave di tutto, però, è sempre la solitudine. Che, a volte nemmeno lo sappiamo, ci siede accanto.

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