Con un cambio radicale di posizione sostenuto a larga maggioranza dall’opinione pubblica, Finlandia e Svezia sembrano intenzionate a presentare  una richiesta di adesione alla Nato. Dopo essere stata depositata presso il governo degli Stati Uniti, questa dovrà essere validata da tutti i membri dell’Alleanza e quindi formalizzata (per il momento la Turchia di Recep Tayyp Erdogan sembra opporsi, ma c’è il forte sospetto che si tratti di una mossa tattica per ottenere varie concessioni, ad esempio l’autorizzazione ad acquistare i cacciabombardieri F35).

Si sta valutando una procedura di adesione accelerata per non lasciare i due paesi nella zona grigia tra la richiesta e l’entrata effettiva nell’organizzazione, che fornirà ai due paesi nordici le garanzie di sicurezza dell’Art. 5 del Patto Atlantico.

Nel frattempo, Londra ha già fatto sapere che è pronta a offrire sostegno ai due in caso di minaccia russa anche prima che diventino formalmente alleati.

La decisione è un effetto diretto dell’aggressione su vasta scala della Russia all’Ucraina, che ha determinato la consapevolezza, nei governi e tra i cittadini finlandesi e svedesi, di non potersi più sentire  al sicuro e di dover riparare sotto il cappello dell’Alleanza.

In effetti, basta osservare una cartina per realizzare che negli ultimi quindici anni il Cremlino ha invaso due dei cinque paesi non-Nato che confinano con la Russia europea, Georgia e Ucraina, e mantiene a tempo indeterminato un sostanzioso contingente militare in un terzo, la Bielorussia.  

Da questo punto di vista, l’adesione alla Nato di Finlandia e Svezia è una buona notizia per la pace europea in quanto riduce, se non elimina, la possibilità di un futuro conflitto con Mosca.

La Nato ne beneficerà, sia dal punto di vista politico che operativo, potendo contare su forze militari aggiuntive e credibili, in particolare quelle finlandesi, e già ben integrate con quelle alleate grazie ad una lunga cooperazione.

Putin, dal canto suo, ottiene un risultato contrario a quello auspicato all’inizio del conflitto, che era il ridimensionamento dell’Alleanza ai confini con la Russia e la riaffermazione del principio della sfera di influenza russa sul fronte nord orientale europeo.

Cosa cambia per l’Ue

Dal punto di vista dell’Unione europea, la risposta di Helsinki e Stoccolma alla minaccia russa è perfettamente compatibile con una linea di fermezza tesa a combattere la narrativa russa della destabilizzazione causata dall’allargamento della Nato e dell’Ue.

Inoltre, questo ingresso consente di avere più Europa all’interno dell’Alleanza – rimarrebbero fuori soltanto Austria, Cipro, Irlanda e Malta – rafforzando il pilastro europeo anche in funzione di bilanciamento con la posizione degli Stati Uniti.

Ovviamente, perché gli europei contino di più nella Nato non basta una maggiore presenza: serve un contributo fattivo che va assicurato attraverso il rafforzamento delle capacità militari europee e soprattutto l’unità che deve scaturire da un coordinamento più efficace della politica estera, di sicurezza e di difesa all’interno dell’Unione.

In quest’ottica, l’ingresso può anche sollecitare un salto in avanti dell’Ue per realizzare e anche potenziare il livello di ambizione fissato nella Bussola Strategica e allo stesso tempo spingere per un allineamento tra i piani di sviluppo delle due organizzazioni, anche in vista dall’adozione del nuovo documento strategico Nato a giugno.

Accettare l’apertura a Finlandia e Svezia è nell'interesse anche dell’Italia. In primo luogo perché, come già detto, è uno sviluppo che favorisce il mantenimento della pace e della stabilita in Europa. Poi perché rafforza un’alleanza difensiva nel cui sviluppo Roma ha già investito  molto, sia a livello politico sia partecipando attivamente con le forze armate alle sue missioni.

Del resto, la dimensione europea ed atlantica sono sempre stati i pilastri della nostra politica estera e di difesa, assieme a quella mediterranea che pure andrà mantenuta e potenziata, e il governo Draghi li ha sempre considerati in un’ottica sistemica per rafforzare il ruolo del nostro paese in Europa e nel mondo. Infine, essere un alleato credibile significa anche appoggiare scelte strategiche cruciali in momenti difficili come questo.  

Questa guerra, che non abbiamo causato e che sicuramente non abbiamo interesse a continuare, ci impone di prendere atto del cambiamento e adottare le decisioni conseguenti, senza abbandonare i punti fermi del nostro posizionamento internazionale.

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