«È tornata la ‘ndrangheta», così dice con aria di trionfo Gaetano Bandiera, ‘ndranghetista condannato già una decina di anni fa nell’operazione Infinito e oggi accusato di essere il capo della locale di Rho. È una smargiassata, la sua, perché la ‘ndrangheta c’è in Lombardia da una sessantina d’anni e non se ne è mai andata.

È la sua ‘ndrangheta che è tornata, e può dirsi più che soddisfatto. È riuscito ad ingannare tutti fingendosi malato al punto da convincere che non poteva continuare a stare in carcere, ha fatto finta di dover girare in carrozzella e si è fatto assegnare persino il reddito di cittadinanza, una vera e propria beffa per chi, come lui, ha un tenore di vita familiare ragguardevole.

Ma, al di là di questi dettagli pur importanti, cosa ci dice questa operazione? Ci dice, prima di tutto, che si è formata una locale per iniziativa di un criminale che ha continuato negli anni di carcere a sognare questo momento.

Ci dice che, nonostante tutte le cautele adoperate dai malviventi, lo Stato ha donne e uomini capaci e gli strumenti necessari per individuare i mafiosi e metterli in condizione di non nuocere.

Ci dice che è stata operativa negli ultimi anni una struttura mafiosa in grado di terrorizzare il contesto entro il quale operava, di fare affari e di muoversi come la vecchia ‘ndrangheta, come se gli anni non fossero passati, pur innovando in settori non marginali.

Donne contro

Vediamo meglio alcuni aspetti. Il primo è il fatto che a svolgere funzioni dirigenti, di capo, ci sia una donna che non aveva i quarti di nobiltà ‘ndranghetista e che, anzi, proveniva da un universo completamente diverso da quello mafioso.

Una donna, che pur non essendo nata in una famiglia di ‘ndrangheta, è capace di inserirsi talmente bene, di acquisire modalità e mentalità mafiosa, da essere un capo. E questo è un fatto importante e inquietante nello stesso tempo.

È una novità, ma è anche la conferma che la donna ha acquisito una nuova forza nell’universo mafioso e si va imponendo in una struttura e in un contesto criminale molto maschilista.

A delineare il ruolo delle donne coinvolte, molto probabilmente ha contato il fatto che a dirigere l’operazione della Dda milanese siano state due donne: Alessandra Dolci e Alessandra Cerreti; quest’ultima, le donne le aveva incontrate sin dalla sua esperienza in Calabria e aveva raggiunto il prezioso risultato di convincere alla collaborare qualcuna di loro rompendo la pesante cappa familiare in cui vivevano.

Un altro aspetto significativo è il fatto che c’era un profondo clima di omertà che coinvolgeva le vittime di estorsione, sia quelle di origine calabrese sia quelle di origine lombarda. E deve farci riflettere questo aspetto perché in Lombardia l’omertà s’era rivelata tanti e tanti anni fa.

Il fatto che sopravviva e, anzi, rinverdisca è un problema di primaria grandezza che deve interessare tutti, società civile, scuola, associazioni di categoria, Chiesa, partiti, istituzioni. La magistratura, lo sappiamo, non può fare tutto e non può supplire alle mancanze di altri soggetti.

Macro e micro

La ‘ndrangheta cerca di clonare la propria struttura anche al di fuori del proprio luogo di origine. E lo dimostra il fatto che in questa operazione riemergono i gradi, a cominciare dalla Santa, che vengono concessi da chi ha un grado più elevato, che si fanno i battesimi come si sono sempre fatti: insomma, come se nulla fosse cambiato.

Eppure tanto è cambiato perché questa locale ha mostrato la volontà di creare un clima di terrore e di violenza, arrivando a minacciare pesantemente per un mancato pagamento persino di 100 euro.

Può sembrare un dettaglio di poco conto, ed invece esprime la volontà di esercitare un dominio e un controllo sopra un territorio che considera suo.

Così come lo esercita quando interviene a impedire che un derubato denunci il ladro di una bicicletta – già! di una bicicletta –  o ad aiutare chi ha bisogno di una favore per dirimere una controversia condominiale.

Può sorprendere il fatto che non siamo in presenza di una ‘ndrangheta che opera con il basso profilo, interessata ai grandi affari, al riciclaggio, alla politica, al potere. Si sbaglierebbe a pensare che si sia voltata pagina e che adesso questo è il nuovo-vecchio corso.

È un errore perché la ‘ndrangheta è unitaria, ma ogni ‘ndrina, ogni locale, sono simili ma non uguali in tutto e per tutto. E le due modalità convivono senza necessariamente intralciarsi l’un con l’altro: la violenza con il basso profilo di chi cerca di essere invisibile e a volte ci riesce.

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