Per impedire una vittoria ingombrante della destra occorre pensare in termini tecnici, si legge con quotidiana frequenza. Se determinanti sono i 223 seggi uninominali a Camera e Senato, per contenderli non serve un’alleanza politica; non si deve ragionare come se poi si debba governare insieme.

Alleanza elettorale vuol dire, in poche parole, che io voto A anche se non condivido pressoché nulla di quel che dice, perché so che l’obiettivo è impedire la vittoria schiacciante della destra, non governare. Questo è il ragionamento che viene usato a sostegno di scelte indigeste. Il ragionamento sembra non fare una piega.

E invece è claudicante. Presume che l’alleanza anti-destra non governi, che si voti per rendere impotente, non per sconfiggere, la destra. E basta. Se per caso l’alleanza democratica vincesse, ci sarebbero grossi problemi, perché quelli che erano alleati tecnici diventerebbero di colpo alleati politici. E a quel punto, anche una stravittoria produrrebbe una maggioranza divisa e disomogena, foriera di conflitti intestini e alla fine debole.

Una campagna elettorale mossa solo dalla logica di rompere le uova nel paniere della destra può permettersi di offrire candidati impresentabili agli elettori di centro-sinistra, addirittura gli ex-forzisti?

L’alleanza tecnica può consentirlo. Ma evidente qui non si tratta solo di un’alleanza tecnica se è vero che il caso degli ex-FI è stato uno dei temi più dirimenti dell’accordo appena raggiunto tra Enrico Letta e Carlo Calenda. Questi salti mortali hanno un limite che non è solo tecnico. E solo a questa condizione, si può chiedere ai propri elettori di di fare un sacrificio.

Non è la prima volta che si chiedono sacrifici agli elettori; da anni si vota con il naso turato dimenticandosi che il voto è associato alla rappresentanza oltre che all’elezione. Ma questa volta, la richiesta di sacrificio rivolta solo agli elettori è claudicante, oltre che indigesta, perché è funzionale solo a condizione che la sinistra perda. In sostanza si dice ai propri elettori: votate per gli impresentabili, perché al massimo li portiamo in parlamento, non al governo.

Non c’è chi non veda come questa logica sia assurda e perdente: portare gli impresentabili in parlamento significa dar loro la libertà, se lo vogliono, di votare proposte e provvedimenti del governo di destra (molti di loro vengono da quella casa madre, del resto). E significa, poi, che se fosse malauguratamente possibile un governo di centro-sinistra, questi impresentabili avrebbero voce in capitolo.

Per tutte queste ragioni, invece di chiedere sacrificio solo agli elettori per poter fare liste indecenti, sarebbe sensato chiedere un sacrificio anche ai candidati. Coloro che godono di bassissima popolarità a sinistra dovrebbero fare un passo indietro nei collegi uninominali – e questa sembra essere la logica che ha guidato la trattativa tra Pd e Azione. Ciò significa che non ci possono essere alleanze solo tecniche.

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