La trappola di Valditara funziona così. Il ministro o un membro della Commissione per la riscrittura delle Indicazioni nazionali rilascia alla stampa un’anticipazione sulla quale giornalisti, insegnanti e studiosi si precipitano, per essere fulminati alla prima critica da un perentorio: «Come potete giudicare un testo se non lo conoscete?».

Con queste parole, infatti, il coordinatore del gruppo di storia, Ernesto Galli della Loggia, rimprovera ripetutamente Tomaso Montanari a “Piazza Pulita” del 23 gennaio, mentre Giovanni Belardelli, membro dello stesso gruppo, dopo aver anche lui esclamato sulle pagine del “Foglio”: «Ma è necessario ricordare che è meglio aspettare di avere un testo prima di commentarlo?», ne lascia intravvedere mirabilia, perché quando i documenti saranno disponibili, continua, «si potrà constatare che contengono elementi di novità e anche di qualche pregio».

È uno stratagemma comunicativo inaugurato dallo stesso Valdidara, quando, all’indomani della sua prima intervista (2024), aveva redarguito via social Gianna Fracassi, segretaria del Sindacato scuola Cgil, così: «Si rilassino i contestatori e i polemisti di professione, non appena il decreto di nomina della Commissione di studio sarà registrato, sarà avviata una consultazione ampia del mondo della scuola».

A smentirlo, le Società degli storici hanno concordemente denunciato come “di facciata” queste consultazioni e hanno ricordato al ministro che, se realmente vuole avviare una discussione, deve diffondere il testo prima che venga definitivamente approvato. Un precedente virtuoso ce l’avrebbe, aggiungo. È la commissione istituita da Fioroni e coordinata da Mauro Ceruti, che consegnò alle società storiche la bozza del testo perché lo studiassero e proponessero le loro osservazioni (che furono tutte accettate). Erano le Indicazioni del 2007 (riprese nel 2012), proprio quelle che Valditara si propone di sostituire anche nel metodo, come questa vicenda ci insegna.

Il suo programma comunicativo ha due vantaggi. Il primo è in una comunicazione asimmetrica fra ministro e cittadini: il ministro non dà il testo, ma fa capire a tutti il suo contenuto e poi dice che non se ne deve parlare perché nessuno ha il testo. Un sistema perfetto di delegittimazione preventiva delle critiche. Il secondo è che con la raffica di anticipazioni crea un polverone che ostacola la discussione del suo progetto politico. E bisogna riconoscere che queste sono state tante e varie: si va dalla Bibbia, che dovrebbe essere raccontata “a mo’ di favola” ai bambini di sette/otto anni insieme con l’Iliade, l’0dissea, l’Eneide e le mitologie norrene, alle poesie da imparare a memoria, alla lettura e alla scrittura che bisogna praticare senza cedere alle lusinghe della tecnologia e degli audiovisivi, all’eliminazione della geostoria, all’introduzione del latino nella secondaria di primo grado e della musica nella primaria, alle centuriazioni romane, alle colonie greche e a tanti altri particolari della nuova storia scolastica, rigorosamente italo-occidentalocentrica, che dovrebbe essere “trasmessa” alle giovani generazioni in via privilegiata attraverso delle lezioni.

Di questo, infatti, si discute sulla stampa e soprattutto nei social, dove prese di posizioni pro e contro si accavallano con foga. Dove sta l’inghippo?

Lo spiega Tiziana Drago, grecista, su Fb: «Andate al fondo della questione: Valditara e i suoi adepti stanno introducendo un programma identitario/nazionalistico (loro dicono nazionale) e autoritario e stanno finalizzando lo studio dei saperi alla salvaguardia di un’identità collettiva, riducendo le discipline (latino, storia, geografia, letteratura e poesie a memoria) a contenitore di valori identitari. Ci riconosciamo in questa modalità di studio, di insegnamento e di apprendimento? Io, da classicista, assolutamente no!».

È questa la reale posta del gioco condotto da Valditara. Credo sia necessario affrontarla e discuterla, perché – al di là dell’indubbia problematicità delle altre questioni sollevate da questa riforma – la riduzione identitaria è una scelta strategica, che cambia il senso della scuola repubblicana e la natura delle conoscenze che vi si insegnano. Il fatto che più di 140 docenti universitari e centinaia docenti di scuola stiano firmando il documento che ho redatto insieme con Massimo Baldacci, presidente di Proteo.Fare.Sapere, ci dice che il re può essere denudato e discusso per quello che è e non per il polverone che ha sollevato.

© Riproduzione riservata