Le risposte all'aggressione della Russia, gigante militare, non economico, devono corrispondere all'eccezionale sua gravità. Qui ne prospetto una, limitata sì, ma utile a difenderci: ridurre, con i giusti incentivi economici e sociali, i consumi europei di energia. Non ne parliamo perché temiamo di non farcela, ma saremo costretti a farlo dagli accordi Cop 26; le rinnovabili sono volatili e la prima fonte alternativa è il risparmio.

Al di là dell'Ucraina Mosca muove guerra all'Europa, serve una sua risposta corale, dal forte impatto psicologico. Dipendiamo dalla Russia, ma se questa copre il 45 per cento dei nostri consumi di gas (40 per cento per tutta la Ue), anche Mosca dipende dall'energia, che fra petrolio e gas le fornisce il 40 per cento dell'entrata. Ridurre i consumi vuol dire patire più freddo d'inverno e caldo d'estate, limitare l'attività economica, gli spostamenti per lavoro e svago; per una comunità che sia conscia della posta in gioco, sono disagi ancora tollerabili.

Più grave è il rischio per la Russia; l'export verso l'Europa è la sua linfa vitale. Aver freddo è brutto, ma aver fame è molto peggio e i disastri dell'agricoltura sovietica hanno un posto speciale nei libri di storia. Si pensi alla grande strage causata, proprio in Ucraina, dalle politiche staliniane degli anni '30.

Il debito pubblico russo è al 17 per cento del Pil, le sue riserve ammontano, scrive Morya Longo su 24 Ore il 25 Febbraio, a 630 miliardi di dollari; i rincari per la guerra le rimpingueranno.

L'aggressore s'è premunito, ma punta sulla rapida resa ucraina e il ritorno alla normalità; ciò non sta scritto, molto rischia anch'egli. In tre quarti di secolo l'Urss ha sfruttato la leggendaria capacità di soffrire dei russi, ai quali ancora sono ammannite falsità, in continuità con l'Urss, ma ora i fatti sono chiari, neanche Putin può stravolgerli. Il sempiterno presidente controlla saldamente il voto, ma un fronte interno l'ha anche lui.

Se gli europei escludono in partenza d'esser disposti, non già a morire per Kiev, ma a stare a casa col maglione d'inverno, la partita è già persa.

La risposta deve essere europea; gli inglesi restarono composti sotto le bombe; esempi perfino insensati li dette la Germania, dove gli adolescenti della Hitlerjugend morivano ancora dopo i suicidi in massa nel bunker.

Forse noi italiani siamo troppo bolsi per questo piccolo sforzo, o il nostro Dna ci impedisce di aiutare a svuotare i forzieri russi? Nel nostro piccolo, guerra mondiale a parte, avemmo anche noi privazioni e quasi-razionamento per Yom Kippur; siamo sopravvissuti senza problemi e anzi qualcuno ha ricordi nostalgici. 

La Russia, oltre ai dollari e alle materie prime – uno scandalo geologico, scriveva Alberto Ronchey – ha grandi riserve di resistenza dei cittadini, cui dipinge un'Ucraina nazista; anche le nostre riserve di resistenza devono aumentare. In guerra conta tanto la psicologia e una grande campagna continentale per contenere i consumi deve far parte della risposta.

I tank russi sono puntati, oltre Kiev, anche contro un altro mezzo miliardo di persone di Paesi civili, dove si vota senza abusi, si vive in media bene, vigono sistemi di welfare pubblico decenti e le liti sono risolte discutendo, senza ricorsi alla forza. Il nemico ultimo di Putin è l'esempio, pericoloso, d'una comunità pacifica, civile, democratica.

Anche da noi tutti deve venire la difesa del nostro modo di vita. Ben più della vita comodo valgono la libertà, il rispetto di noi stessi e della storia europea.

© Riproduzione riservata