Il sistema autostradale è sotto pressione per l’esodo estivo post Covid (momentaneo) in attesa della quarta ondata. In questo periodo solo sui 3mila chilometri di Aspi sono aperti 170 cantieri. Una buona notizia se non fosse che c’è voluto il crollo del ponte Morandi per ricordare ai gestori della rete stradale i loro obblighi manutentivi e che gli standard di sicurezza si stavano abbassando paurosamente. Stessa situazione per il rimanente della rete autostradale e di quella statale. I concessionari autostradali e l’Anas hanno già annunciato la rimozione temporanea di alcuni cantieri. L’Anas in particolare ha già chiuso 435 cantieri su 800 dal 23 luglio al 5 settembre.

Il problema delle lobby

La congestione dei nodi critici di Bologna, Genova, Milano e Roma e sulle arterie statali di molte regioni sul mare e di valico, ha messo in allarme i vacanzieri e non mancano le proteste delle associazioni dei consumatori. I cantieri rimovibili saranno chiusi almeno nei giorni di sabato e domenica. Manutenzione, sicurezza e snellimento della viabilità dovrebbero essere i temi del momento per i concessionari e per l’Anas (ora diventato anche concessionario che scimmiotta i privati) invece le lobby autostradali pubbliche e private sono concentrate per ottenere il rinnovo delle concessioni scadute per rinnovarle senza cambiare gestore o, nella peggiore delle ipotesi, continuare in regime di proroga.

La sorprendente notizia di questi giorni arriva dal parlamento, a dimostrazione dello stato di caos che riguarda la regolazione pubblica del sistema autostradale. Con la recente approvazione di un emendamento che autorizzata la Cav Spa, Concessioni autostradali venete, società partecipata al 50 per cento da Anas e regione Veneto, ad espandersi oltre alle tratte già gestite, il passante di Mestre e la Padova – Mestre, ponendo così le basi per la creazione del polo autostradale del nord-est che punta, questa è la sorpresa, all’assorbimento anche dei 314 km dell’A22 (Autobrennero) che ha la concessione scaduta dal 2014. C’erano voluti quattro anni per avviare la costituzione del polo Veneto-Friulano-Anas denominato (Alto Adriatico). Polo pubblico (regioni-stato) nato esplicitamente per evitare la gara in vista della scadenza della concessione e che ora vorrebbe ampliarsi ulteriormente.

Maggiore è la dimensione del polo autostradale maggiore è la forza di negoziazione e di ricatto verso lo stato, minore è la qualità dei servizi e la capacità realizzativa degli investimenti previsti in convenzione. Già lo stato in questi anni aveva dimostrato con silenti e destrutturati controllori finanziari e tecnici dei ministeri del Tesoro e dei Trasporti (i suoi rappresentanti sono in tutti i consigli di amministrazione per legge) la debolezza dei suoi apparati tecnici e di vigilanza esterna ed interna alla concessionaria.

La riforma necessaria

L’Autobrennero (Trentino alto Adige 32 per cento, province di Trento e Bolzano 14 per cento, il resto suddiviso tra comuni e province di Verona, Mantova e Modena) sta cercando, invano, di liquidare tre azionisti privati che detengono il 14 per cento delle azioni. Il maggior azionista (Trentino alto Adige) sta lavorando su una ipotesi di gestione in house, che ha subìto più battute d’arresto, soprattutto per quanto riguarda l’entità economica della liquidazione dei soci privati. Le concessionarie pubbliche si richiamano alle norme in vigore sull’aggiudicazione dei contratti di concessione tra enti nell’ambito del settore pubblico che prevede il principio della libera organizzazione dei servizi e delle attività di competenza della pubblica amministrazione, l’esatto opposto della filosofia pro-concorrenza contenuta nel Pnrr.

Il ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile continua a procedere come se nel settore delle concessioni autostradali non fosse successo nulla: come gli enormi costi per la pubblicizzazione e il rientro in possesso della rete gestita dai Benetton e le proteste di questi giorni dei sindaci (spiccano quelli della provincia di Imperia) sulle tratte più congestionate lo dimostrano. L’autorità dei trasporti, che ha acquisito dopo anni qualche competenza in materia di autostrade, si limita a un ruolo di timido regolatore dei pedaggi. La regolazione ministeriale annaspa e uno straccio di riforma del settore non si intravede. Le scadenze di concessione devono essere l’occasione per rimodellare il settore autostradale, applicando le regole europee e passando da obsolete concessioni a contratti di servizio agili, trasparenti e a pedaggio che coprono solo i costi di gestione senza nessuna rendita o extraprofitto.

 

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