La dichiarazione del dicastero della Dottrina della fede Fiducia supplicans che rende lecita la benedizione delle coppie irregolari e in particolare di quelle omosessuali ha sollevato feroci reazioni contrapposte.
I conservatori custodi della tradizione (interpretata a modo loro) gridano alla blasfemia, al tradimento e promettono il boicottaggio (quello già annunciato ad esempio dai vescovi polacchi, come riferisce lo storico Stanislaw Obirek). I progressisti esultano, convinti che questo sia un passaggio importante in direzione di un cambio di atteggiamento della chiesa nei confronti dell’omosessualità.

Giudicato dall’esterno rispetto alla lotta intestina alla chiesa, il provvedimento presenta un elemento innovativo e altri di forte continuità.

Cosa cambia

L’innovazione è rappresentata dal fatto che quest’ultima decisione smentisce di fatto una precedente, resa nota nel 2021. Due anni fa infatti, lo stesso dicastero si espresse su questo stesso tema in modo completamente diverso, negando ogni legittimità alla benedizione delle coppie gay.

Una svolta così netta, giunta senza preavviso, dalla sera alla mattina, conferma che i cambiamenti nella chiesa sono possibili, se solo il papa li vuole. La chiesa è una monarchia assoluta: quando il sovrano decide di cambiare direzione, l’istituzione deve adeguarsi. I conservatori strepiteranno, ma non possono cancellare quel che il papa ha deliberato.
Allo stesso modo, capiamo ancora meglio oggi che il pontefice argentino avrebbe potuto, se solo lo avesse voluto, procedere nello stesso modo in tutti gli altri campi, dal celibato al ruolo delle donne, riformando la chiesa cattolica in profondità e in modo duraturo.

Norma vs pastorale

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La continuità risiede invece nel metodo, nella decisione di separare il piano normativo da quello pastorale. Era già avvenuto con Amoris laetitia, l’esortazione apostolica nella quale papa Francesco aveva da un canto ribadito l’indissolubilità del matrimonio e dall’altra consentito ai sacerdoti, in determinate circostanze, di riammettere alla comunione i divorziati risposati.
Fiducia supplicans presenta un’argomentazione analoga: per un verso, ribadisce l’assoluta primazia, sancita da una liturgia precisa e solenne, del matrimonio eterosessuale orientato alla procreazione e per un altro consente ai preti la benedizione delle coppie omosessuali.

L’inferiorità di queste ultime rispetto a quelle eterosessuali viene continuamente precisata in ogni riga del documento vaticano: le coppie “irregolari” non possono essere benedette contestualmente a un rito di unione civile e nemmeno, si legge nella dichiarazione, «con gli abiti, gesti o parole propri di un matrimonio».
Niente abiti da sposi e niente riso all’uscita dalla chiesa, nessuna telecamera e niente bacio alla sposa o allo sposo. Le benedizioni non devono essere programmate e avvenire quasi per caso, a margine, si legge sempre nel documento, «della visita a un santuario, dell’incontro con un sacerdote, di una preghiera recitata in un gruppo o durante un pellegrinaggio».

Insomma, tutto in una benedizione deve riaffermare la diversità dal matrimonio e il fatto che coloro che la richiedono vivono in una «situazione moralmente inaccettabile».
La benedizione delle coppie gay segnala solo l’importanza di riconoscere ovunque la presenza di Dio, al pari di quel che avviene per gli «oggetti di culto e di devozione, per le immagini sacre, per i luoghi di vita, di lavoro e di sofferenza, per i frutti della terra e della fatica umana, e per tutte le realtà create che rimandano al Creatore».
Dio ama tutte le creature (umane e non), anche chi, come i gay, commette dei gravi errori. Li ama continuando a sperare che si aprano finalmente al bene.

Pochi effetti pratici 

In buona sostanza, il papa apre le porte della chiesa anche agli omosessuali, a patto che siano consapevoli della loro inferiorità rispetto agli eterosessuali sposati e che accettino di occupare un angoletto oscuro e laterale della casa comune. Difficile dire ora se si tratti di un primo progresso premessa di un autentico cambiamento futuro (come temono i conservatori) o, come appare più probabile, di un pronunciamento che invece ghettizzerà a tempo indefinito gli omosessuali credenti nelle stanze di servizio della chiesa cattolica.

Sul piano degli effetti pratici, la dichiarazione, come avvenne per Amoris laetitia, cambia poco o nulla. Non credo che vedremo coppie dello stesso sesso mettersi in fila per farsi benedire. I preti che già benedivano clandestinamente le coppie gay continueranno a farlo.
Quelli che sono inorriditi da questa eventualità persisteranno nel rifiuto.
Per un dibattito serio sull’omosessualità nella chiesa che comprenda finalmente anche quella clandestina di un enorme numero di sacerdoti aspettiamo fiduciosi una prossima occasione.

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