Ci parliamo il giorno dei suoi ottantasei. Auguri segretario. «Sono tanti anni», spiega con cortesia Giorgio Benvenuto, e poi scherza: «Se fosse per Grillo dovrei essere recluso su un’isola senza il diritto di voto. Ma io, per sorridere, vorrei ricordargli che in un’isola, a Ventotene, Spinelli Rossi e Colorni hanno scritto il manifesto per l’Europa. E a Ponza sono stati al confino Nenni e Pertini».

È stato un protagonista degli anni terribili e cruciali, del sindacato, della politica e della storia del paese: segretario della Uil fra il 1976 e il 1992, alla guida della Cgil c’era Luciano Lama e a quella della Cisl Pierre Carniti. L’anno dopo è stato segretario del Psi, cento drammatici giorno fra l’era di Bettino Craxi e il tempo Ottaviano Del Turco.

Poi ha fondato Alleanza democratica con Willer Bordon, è stato deputato dell’Ulivo, dei Ds, ha partecipato alla nascita del Pd.

Da leader dei lavoratori trasformò la Uil nel «sindacato dei cittadini», un testimone ora raccolto dal suo ultimo successore Giampaolo Bombardieri, che a sua volta ha fatto un altro passo verso «il sindacato delle persone». Non è finita: ora è presidente di un «Comitato per il Partito d’Azione», perché, spiega, «sarò un vecchio sindacalista, ma dall’impegno non si va in pensione, neanche dalla passione, resto sempre un militante».

Segretario, c’è già il partito di Calenda che si ispira all’azionismo. Ed è una radice rivendicata anche dal Pd, almeno alle origini. Serve ancora un altro partito?

Abbiamo fatto un appello. Giustizia e libertà prima e poi il Partito d’Azione hanno combattuto la dittatura e contribuito a costruire una democrazia compiuta con ideali veri, forti, ispirati all’umanesimo socialista e liberale. Oggi è fondamentale l’appello ai giovani, quelli che faranno la storia di domani. Nell’autunno caldo i giovani sono stati fondamentali, anche nella realizzazione delle riforme. Siamo pronti a raccontare e indicare, ma la cosa fondamentale è convincerli a tornare all’impegno.

Le piazze delle ragazze contro la violenza, quelle degli studenti contro il cambiamento climatico, non raccontano esattamente dell’impegno dei giovani?

Una potenzialità grandissima, appunto.

L’offerta dei partiti della sinistra non la intercetta?

Devono uscire dalla denuncia delle cose che non vanno. C’è la sfida della rivoluzione tecnologica, quella dell’immigrazione, della pace, questioni enormi che richiedono di superare la fase della lamentela. I partiti intrattengono lunghi monologhi autoreferenziali. Il dialogo, il confronto, il coinvolgimento è fondamentale per una rivoluzione democratica. Prendono decisioni senza prospettiva, senza guardare al futuro. Vivono alla giornata mentre il mondo si avvia a una svolta epocale. Non vedo una posizione che serva davvero a rafforzare le condizioni di lavoro, di vita, sociali e il valore delle persone. E così è successo che il nostro paese in questi ultimi tre decenni è andato indietro, la scuola, la sanità, l’equità fiscale, la sicurezza i diritti del lavoro pesantemente rimessi in discussione, la condizione degli anziani.

La sinistra non fa abbastanza?

La sinistra è ferma. Il mondo è cambiato, la sinistra no. Non ha dato linfa alla democrazia del coinvolgimento. Cinquant’anni fa dicevamo che dovevamo resistere un minuto più del padrone e conoscere un libro più del padrone. Oggi ce lo siamo scordato. E dire che oggi è più facile conoscere e sapere. Anche la chiesa è cambiata: una volta parlava di carità, oggi usa la parola solidarietà. Dalla sinistra invece sento dire: noi difendiamo i lavoratori, le donne. Ma è già un’affermazione di rinuncia, di debolezza: bisogna valorizzare i lavoratori, le donne, il mezzogiorno. La sinistra sembra appagata delle sue parole d’ordine.

Ha un giudizio così severo anche sul Pd di Elly Schlein?

Vedo che si dà da fare. Ma il problema è più grande di un segretario: oggi la sinistra ha perso la capacità di coinvolgere i giovani. I tweet non sono il frutto di un’elaborazione, neanche di una formazione. Io penso alla conquista delle 150 ore che portarono più di un milione di operai ad avere il diploma della scuola media. Oggi per fortuna le cose sono diverse, ma la sinistra che progetto propone? Dopo l’abbaglio della globalizzazione e del mercato, deve riscoprire l’umanesimo, la solidarietà. Richiede impegno, militanza.

In questo mese i sindacati, anche la sua Uil, hanno fatto gli scioperi. Anche se non si può dire fin qui che abbiano ottenuto risultati.

Qui c’è un grande errore, ma dei governi. Non si capisce più l’importanza dell’intermediazione. Draghi, per educazione, informava il sindacato. E cosi fa Meloni. Ma è sbagliato. Ciampi, che certo non aveva la tessera sindacale, è stato capace di entrare in Europa e affrontare una trasformazione difficile ma dando valore all’intermediazione sociale. Il sindacato italiano è ormai l’unica organizzazione che ha una presenza diffusa nel territorio. Quando si fanno le elezioni delle Rsu c’è un dato di partecipazione altissimo. Il sindacato è cruciale per affrontare l’innovazione. Non è un fatto del passato: in America il sindacato dell’automobile ha innovato le sue forme di mobilitazione, ha fatto scioperi a scacchiera e ha ottenuto risultati importanti. Certo meglio sarebbe che ci fosse un’unità di azione, ma il sindacato oggi è una realtà che andrebbe valutata con attenzione da parte del governo. Certo, è scomodo per chi vuole decidere da solo, ma è utile al paese.

La premier Meloni nella sostanza rifiuta il confronto con i sindacati?

Non è capace di avere un rapporto costruttivo, in lei prevale la capacità propagandistica. E il sindacato non è l’unico corpo intermedio ignorato. Un governo che si comporta così verso i lavoratori non ha una visione, una strategia. Ma i difetti del governo appaiono meno perché non c’è una opposizione agguerrita e capace di imporre le sue proposte. Di Vittorio faceva l’opposizione ma aveva fatto il piano del lavoro, in quegli anni i sindacati proponevano, a volte si passava a volte no, ma c’era una visione strategica.

Le opposizioni hanno fatto un anno di battaglia sul salario minimo. Non è un segno di una strategia?

Da vecchio contrattualista, penso sia una questione che va affrontata con ampiezza. Non basta il salario minimo, la legge può dare forza ai contratti ma non può sostituirsi ai sindacati. La sinistra ha la responsabilità di aver contribuito a indebolire lo Statuto dei lavoratori, di aver favorito la precarietà. E nel frattempo le retribuzioni non sono cresciute. E com’è possibile che non si riesca a fare una grande battaglia sugli incidenti sul lavoro? Ogni giorno muore un lavoratore, anzi mediamente più di uno, si sentono il rammarico e le promesse. Poi si scopre che l’Inail non utilizza i milioni per affrontare una politica della sicurezza.

La riforma costituzionale che introduce il premierato passerà nel paese?

Penso di no. È irrazionale, un diversivo. Il problema è che la Costituzione non è applicata. E il modo migliore di opporsi è porre con forza gli aspetti che non sono applicati. Nell’art.3 c’è scritto che la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli che impediscono di avere questi diritti. Io ho fatto il sindacalista per tutta la vita, mi dicevano sempre che i lavoratori hanno i diritti ma anche i doveri. Oggi dico: i doveri li ha anche la Repubblica, e chi è al governo, non è pensabile che i diritti siano cancellati o rinviati.

Lei un partito l’ha diretto, per cento giorni, il Psi appena lasciato da Craxi, in piena Tangentopoli. Lasciò in un modo drammatico.

Non sono stato in grado di fare quello che mi ero prefisso. Ma se tornassi indietro rifarei quel tentativo. Sono stato sconfitto, sono andato via con grande dolore. Penso spesso all’occasione persa per tutta la sinistra. Dopo la caduta del Muro di Berlino avremmo potuto fare nel nostro paese un grande partito di sinistra. Non ci siamo riusciti. Ma non è un’occasione persa per sempre, questo voglio dire ai giovani. Oggi quell’occasione può tornare, se siamo capaci di riaccendere la passione politica. Alla Fondazione Bruno Buozzi (di cui è presidente, ndr) ho uno stendardo che dice: «Dormienti, destatevi».

© Riproduzione riservata