- Si è dimesso. Con una dichiarazione sobria e sintetica, alle 12 e 30 di giovedì Boris Johnson ha ufficializzato le dimissioni da leader del partito conservatore e di conseguenza da primo ministro. Ma non se ne andrà presto.
- La saga di Downing street è avvincente, ne parleremo ancora per molto tempo. Prepariamo i popcorn. Ma i marchingegni democratici sono creature fragili e complesse, vanno maneggiati con cautela, soprattutto quelli antichi.
- Johnson è finito, non c’è alcun dubbio. Ma con le conseguenze istituzionali, coi guasti al già fragile equilibrio costituzionale e coi danni all’immagine internazionale del Regno Unito, con gli effetti della Brexit e i contraccolpi sulla crisi in Nord Irlanda ci dovremo convivere tutti per un po’. Noi qui oltremanica; voi in Europa.
Si è dimesso. Con una dichiarazione sobria e sintetica, alle 12 e 30 di giovedì Boris Johnson ha ufficializzato le dimissioni da leader del partito conservatore e di conseguenza da primo ministro. Ma non se ne andrà presto. Anzi, resterà alla guida del governo, presumibilmente fino a ottobre quando arriverà a termine l’iter per l’elezione del nuovo leader. Era sempre stato chiaro, del resto, che non si sarebbe defilato dalla porta di servizio e in silenzio. Ma lo psicodramma delle ultime sett



