Con quello che ormai è un senso di déjà vu, i trattori oggi sono tornati a Bruxelles. La protesta sembra essersi trasformata in un protocollo, i trattori hanno fatto i classici blocchi nel quartiere europeo, hanno acceso fuochi, hanno circondato Place du Luxembourg: le istituzioni europee si sono trovate di nuovo sotto il loro assedio fisico e politico.

Il punto è che quell'assedio sta funzionando: il regolamento sui pesticidi è stato rimandato a condizioni più favorevoli, la legge sul ripristino della natura si è arenata a un passo dal traguardo, il Consiglio dell’Unione europea ha accettato norme ambientali più flessibili sulla Politica agricola comune.

Questa è una storia di dividendi politici e di cambio di clima, in questo caso sociale e culturale e non atmosferico e fisico. Mancano poco più di due mesi alle elezioni europee di giugno che cambieranno il Parlamento e quindi la Commissione, aprendo un nuovo ciclo. Lo smantellamento dell'eredità del Green Deal sembra intanto in corso, l'ondata degli interessi anti-ambientalisti ha sfruttato la rabbia, per molti versi condivisibile, del mondo agricolo europeo come si userebbe un ariete per sfondare un portone. In pochi mesi sta venendo giù un edificio di politiche ecologiche costruite faticosamente in cinque anni.

La storia più emblematica è quella della legge sul ripristino della natura che, dopo un viaggio travagliato e lungo, si è schiantata all'improvviso contro un muro, quando sembrava ormai fuori pericolo. Oggi avremmo dovuto celebrare la finalizzazione della legge, prevista per lunedì, invece ne stiamo osservando i cocci. La Nature Restoration Law avrebbe dovuto essere un pilastro fondamentale del Green Deal e della trasformazione ecologica dell'Unione Europea, in questi anni ha assunto un enorme valore simbolico e politico, è stata quindi un terreno di scontro. Era stata messa in cantiere due anni fa, partendo dalla valutazione degli scienziati che l'80 per cento degli ecosistemi europei (campi, foreste, fiumi, laghi) si trova in una pericolosa condizione di degrado.

Con gli ecosistemi in questa situazione, ogni pezzo di futuro sostenibile è a rischio, dalla fornitura di acqua alla produzione di cibo, passando per la salute umana. Il compromesso finale raggiunto mesi fa era già precario: si era deciso di ripristinare il 20 per cento degli ecosistemi terrestri e acquatici al 2030 e il resto entro il 2050. Erano però stati esclusi tutti gli obiettivi riguardanti il settore agricolo ed erano state inserite una serie di clausole che avrebbero potuto indebolire o posticipare gli obiettivi in caso di generiche crisi alimentari o di sicurezza.

Quello che rimaneva della legge doveva essere approvato dalla maggioranza dei paesi nel Consiglio, ma Svezia, Finlandia, Olanda, Italia, Polonia e Ungheria si sono tirate indietro, facendo saltare la maggioranza qualificata necessaria (55 per cento dei paesi e 65 per cento della popolazione) e quindi rinviando la legge a un contesto più favorevole. In questa formulazione e nell’attuale contesto, è difficile che vada avanti. Se fosse modificata, dovrebbe essere rivotata dal Parlamento e non ci sarebbero i tempi tecnici prima delle elezioni. La legge sembra finita in un vicolo cieco: le parti più conservatrici del settore agricolo non si sono accontentate di vincere, hanno voluto stra-vincere.
Intanto, l'altro bersaglio delle proteste è andato a segno. Il Consiglio ha approvato la revisione della Politica agricola comune, un iter legislativo fatto partire d'urgenza dalla Commissione quando era esplosa la protesta degli agricoltori a gennaio. Dentro questa revisione c'è un po' di tutto, dalla riduzione della burocrazia alla maggiore flessibilità sugli aspetti ambientali. «Abbiamo ascoltato i nostri agricoltori e abbiamo preso decisioni rapide per andare incontro alle loro preoccupazioni», ha detto il ministro dell'agricoltura belga David Clarinval, incaricato della riforma. Quasi l'ammissione di una resa: avete fatto sentire il vostro peso, ci avete spaventato, ecco quindi quello che avete chiesto.

Uno dei problemi meno discussi della protesta dei trattori però è stato quello della rappresentanza: a nome di chi parla chi sta incendiano le strade di Bruxelles per chiedere nuove politiche? European Environmental Bureau, il più grande network delle organizzazioni ambientaliste, ha chiesto a Ursula von der Leyen, presidente della Commissione, di riconsiderare questa decisione. «Non è stata fatta una valutazione di impatto e sono state consultate solo quattro organizzazioni di agricoltori. La proposta di togliere le restrizioni ambientali dalla Politica agricola comune è anti democratica e nutre la falsa narrativa che dobbiamo scegliere tra l'ambiente e l'agricoltura».

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