Il mondo occidentale vede nero per il futuro. Inflazione in aumento, disoccupazione in crescita, contrazione degli standard di vita, aumento delle tasse, lievitazione dei tassi di interesse, riduzione del reddito disponibile. È il quadro che emerge da un’indagine condotta da Ipsos in undici paesi (in collaborazione con il World Economic Forum) e resa pubblica pochi giorni fa. Partiamo dall’inflazione.

In tutti gli undici paesi (Gran Bretagna, Francia, Australia, Germania, Turchia, Canada, Polonia, Italia, Usa, Giappone, Spagna) i cittadini prevedono, per il 2022, una crescita esponenziale delle dinamiche inflattive. L’impennata maggiore è denunciata da oltre l’80 per cento di inglesi, francesi, australiani e tedeschi, ma anche nelle altre realtà, come l’Italia, la galoppata dei prezzi è avvertita da oltre il 75 per cento.

Il peso della disoccupazione 

Intensa è soprattutto la previsione di crescita della disoccupazione. In questa classifica, purtroppo, l’Italia (69 per cento) si colloca al secondo posto dopo la Turchia (82 per cento). Seguono Spagna (60 per cento) e Germania (59 per cento).

In fondo alla classifica dei timori per l’aumento della disoccupazione ci sono solo Australia (42 per cento) e Canada (45 per cento). Se analizziamo i dati relativi agli standard di vita e mettiamo a confronto il numero di persone che prevede un miglioramento e quanti, invece, avvertono un peggioramento, il saldo positivo riguarda solo Usa (+ 10 per cento), Australia (+5 per cento) e Canada (+ 4 per cento). Negli altri paesi il dato ha un segno negativo.

In Spagna siamo a -11 per cento, in Germania a -14 per cento, in Italia a -16 per cento. Seguono, con dati ancora più negativi, Polonia (-19), Gran Bretagna (-21 per cento), Francia (-22 per cento), Giappone (-27 per cento) e Turchia (-44 per cento). Il tema dell’incremento della tassazione è un incubo che coinvolge quasi tutti.

Guida la classifica la Turchia (81 per cento), seguita da Francia (68 per cento), Gran Bretagna (66 per cento), Canada (65 per cento) e Italia (64 per cento). L’aumento dei tassi di interesse è previsto, innanzitutto, da canadesi (79 per cento), polacchi (76 per cento), australiani e turchi (75 per cento). In fondo a questa classifica ci sono solo Germania (40 per cento) e Giappone (25 per cento), mentre in Italia e Francia il dato coinvolge oltre la metà dell’opinione pubblica (60 per cento).

Infine, il problema del reddito disponibile, ovvero quanto resta da poter spendere a famiglie e persone dopo aver provveduto a pagare le varie bollette. Le previsioni per il 2022 mostrano un quadro di contrazione forte per turchi (63 per cento dei cittadini prevede un decremento del reddito disponibile), inglesi (60 per cento denuncia una dinamica di decrescita) e francesi (50 per cento afferma che il proprio reddito disponibile sarà in calo).

Gli italiani, come i canadesi, mostrano una previsione di diminuzione solo di poco meno densa con una riduzione che coinvolge il 42 delle persone. Dinamica simile in Germania e Polonia (40 per cento), mentre negli Usa si registra il dato più basso, anche il taglio colpisce il 33 per cento degli americani (seguiti dal 34 per cento degli australiani e dal 36 per cento dei giapponesi).

Niente sonni tranquilli

La reazione a queste dinamiche da parte della maggioranza delle famiglie, per il momento, è quella di ridurre le spese discrezionali, evitare di concedersi troppi lussi e rimandare le decisioni di acquisto più importanti. Nei ceti medio bassi e popolari, però, si è già iniziato a tagliare sulle spese correnti e sulla spesa alimentare.

Nella maggior parte dei paesi, infine, la quota maggioritaria dell’opinione pubblica non imputa ancora ai propri governi e alla classe politica la responsabilità dell’aumento dei prezzi e del rischio disoccupazione, ma non è il caso di dormire sonni tranquilli.

L’alto livello di pessimismo personale che aleggia nelle viscere delle diverse nazioni occidentali può generare nuovi sentimenti di insoddisfazione, specie verso quei governi che non mostreranno di cogliere appieno la preoccupazione per l’aumento dei prezzi e, specie in Italia, le difficoltà sul fronte del lavoro. Sentimenti che potrebbero sfociare in nuovi momenti di tensione sociale e di critica verso tutte le classi dirigenti (e non solo verso la politica).

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