L’estate 2021, che ha visto nell’arco di poche settimane un’Europa preda di inondazioni e fuochi fuori controllo, è la triste ma adeguata cornice per poter fornire informazioni chiare e corrette su cosa ha portato a questa situazione e cosa possiamo fare per affrontarla.

Ma capita che, anche se normalmente attenti a temi come la crisi climatica, si possa cadere nella trappola della semplificazione. È il caso de Il Foglio e dell’articolo pubblicato il 7 agosto a firma di Umberto Minopoli, opinionista e presidente dell’Associazione Italiana Nucleare, con un passato sulla linea che separa la politica (ruoli di supporto al ministero delle attività produttive e a quello dello sviluppo economico) e le grandi aziende semi-statali (Finmeccanica, Ansaldo Nucleare).

Una tesi confutata

L’articolo di Minopoli consiste in un riassunto commentato di “Unsettled”, libro con cui è uscito alla ribalta Steven Koonin, ex sottosegretario per la scienza del dipartimento dell’energia Usa. La sostanza del messaggio di Koonin (e quindi di Minopoli) è che sia necessario “svegliare” la comunità scientifica, assopita e allineata su politiche fallimentari. Le tesi di Koonin, già confutate dalla comunità scientifica, si basano su due concetti: il primo, l’incertezza della scienza climatica e delle sue conclusioni. Il secondo, la dimensione dell’impatto del cambiamento del clima attualmente in atto, che ritiene molto inferiore a quanto ci viene fatto credere.

Opinioni?

Partiamo dal tema dell'incertezza: in sostanza, ci viene detto che la scienza climatica è fatta di molte opinioni e sfaccettature e che vi sarebbero dubbi riguardo le conclusioni che ci vengono generalmente presentate come certe. Questa tattica non è nuova: l’industria del fumo la utilizzò per rallentare l’approvazione di politiche a tutela della salute dei cittadini. Le grandi corporazioni petrolifere operano la loro attività di lobbying e comunicazione usando lo stesso meccanismo, anche quando in report interni la gravità della situazione non solo viene riconosciuta, ma diventa perno di scelte strategiche.

Anche se la scienza non lavora per certezze, la climatologia è praticamente unanime riguardo il cambiamento climatico, la sua connessione diretta con le attività umane, e le conseguenze che ci aspettano se non agiamo. I modelli climatici usati per generare i report dell’Ipcc (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) non lasciano spazio a dubbi: l’incertezza è necessaria alla discussione teorica atta a raffinare i modelli, ma usarla per rallentare le decisioni politiche è invertirne il senso più profondo. 

Per quanto concerne la velocità e gravità del cambiamento del clima e dei suoi effetti sia Koonin che Minopoli citano i report dell'Ipcc, ma lo fanno in maniera incompleta. Se è vero che risulta difficile stabilire una connessione diretta tra singoli eventi meteorologici e il cambiamento climatico, gli impatti sui sistemi umani e naturali sono certi: esempi sono il calo della produttività delle colture in tutti i continenti, l’aumento di mortalità legata alle alte temperature, l’innalzamento del livello dei mari, la frequenza, durata e gravità di eventi estremi. Insomma, il consenso scientifico ci dice che la situazione è grave e peggiora rapidamente.

La conclusione

La conclusione di Minopoli è, tuttavia, meno irragionevole delle premesse: viene suggerita una decarbonizzazione “lenta”, graduale, senza azzardi, basata su soluzioni “cost-effective” e sulle tecnologie. Nonostante il tono provocatorio del titolo e dell articolo, il finale converge sulle  proposte già presenti nel Green Deal europeo (l’energia solare e l’efficientamento energetico), con l’unica aggiunta di due tecnologie non ancora disponibili (piccoli reattori nucleari, attesi non prima del 2030 e con diverse questioni irrisolte, e la fusione nucleare, una grande promessa, ma priva di un orizzonte temporale certo). 

Minopoli dice che occorre agire «senza fretta, ansia e allarmismi» chiamando questo approccio «Carbon Free Soft». Possiamo dormire sonni tranquilli, sembra suggerire, c’è tutto il tempo del mondo. Tuttavia, questo approccio «soft» non ce lo possiamo permettere. Innanzitutto perché, come sottolineato ieri dal sesto report dell’Ipcc, il tempo stringe e ogni giorno di ritardo è rende più difficile la mitigazione. Inoltre l’impatto delle attività umane sugli ecosistemi e sulla vita va ben oltre le emissioni di CO2: le stime ci parlano di 8 milioni di morti all’anno a causa dell’inquinamento da combustibili fossili, 80.000 solo in Italia. Uscire dal fossile dunque è la priorità numero uno.

Clima ed economia

Questo non solo per clima, ma anche per l’economia. I costi della transizione, infatti, saranno tanto più alti quanto più tempo aspettiamo ad agire: un’azione tardiva deve necessariamente essere più drastica e costosa se vuole avere la stessa efficacia. Inoltre, non investire oggi in modo deciso significherebbe perdere l'opportunità di diventare leader in settori al centro dell’economia di domani. Cioè perdere l’opportunità di creare nuovi posti di lavoro.

Negare o derubricare le nostre responsabilità (in particolare quelle dei Paesi più ricchi) riguardo il cambiamento climatico significa andare contro le evidenze scientifiche. Il pianeta si sta scaldando per colpa nostra e abbiamo il dovere di agire per evitare una catastrofe evitabile.

Come Volt, riteniamo che occorra offrire sia speranza che soluzioni concrete. Crediamo si debba contribuire allo sviluppo di una visione articolata del problema del cambiamento climatico e delle sue possibili soluzioni basate sulle evidenze scientifiche, la competenza di esperti del campo e la partecipazione attiva dei cittadini.

Questa è la più grande sfida che l'umanità sia stata chiamata ad affrontare, e la possiamo affrontare solo se la politica agirà tempestivamente in collaborazione con i cittadini e la comunità scientifica. Chi fa informazione ha la grandissima responsabilità di presentare i fatti senza distorcerli.


Il Presidente (A. Shehu) e il Team politiche ambientali di Volt Italia (G. Acanfora, F. Baldi, A. Colucci, C. Giraldi, E. Gussoni, A. Labadini, A. Spaghetti, V. Tascione, N. Tertulliani)

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