Quale miglior celebrazione - per il centenario di una scissione - di una bella lite a sinistra? Chissà se Amadeo Bordiga, Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti e Umberto Terracini sarebbero fieri dei loro tardi epigoni che si sono dati appuntamento a Livorno, davanti al teatro San Marco, per ripercorrere le infinite scale di Escher delle divisioni a sinistra.

C'è qualcosa di surreale nella scena che si svolge dove proprio un secolo fa, il 21 gennaio del 1921, un gruppo di trentenni abbandonò il congresso del Psi che si svolgeva un chilometro più lontano, al teatro Goldoni, e si rifugiò al San Marco per fondare il Partito comunista d'Italia, così si chiamò per tutto il Ventennio. Rifugiarsi è parola grossa, pioveva dentro quel teatro male in arnese, il Pci fu fondato da un gruppo di rivoluzionari con l'ombrello. Nel momento di massimo afflusso si assembrano un centinaio di irriducibili, con bandiere, striscioni e (segno dei tempi) mascherine con falce e martello.

Spie e traditori

Il momento culminante arriva poco prima dell'ora di pranzo. Arriva la delegazione del Pd guidata da Andrea Romano, deputato livornese ed eletto a Livorno, di professione storico del comunismo e come tutti ex iscritto al Pci.

Va a posare sul portone chiuso (c'è pur sempre il Covid) del San Marco un microscopico mazzolino di fiori. Ma non è per questo che i comunisti veri lo accolgono con un ululato ostile e cori irridenti. Parte lo slogan ritmato: «Via da qui / chi ha sciolto il Pci», e poi offese sciolte. Quelle più saporite hanno un sapore anni Trenta: «traditore» e «spia».

Romano non fa una piega, anche se ha di fronte gente che viene da lontano come lui, tutti anziani che sono stati iscritti al Pci di Gramsci-Togliatti-Longo-Berlinguer, tanto per restare nel ritmo. Ma non siete tutti politicamente un po' parenti? Romano taglia corto: «Macché parenti, li sente, stanno inneggiando a Stalin».

Parafrasando Nanni Moretti, è come se il Pd si fosse chiesto: mi si nota di più se vado o se non vado? Ha scelto una via intermedia, aiutato dal destino.

I leader da Macaluso

Nello stesso momento si celebravano a Roma i funerali di Emanuele Macaluso, nato tre anni dopo il Pci ma durato di più, e così D'Alema, ma anche Pierluigi Bersani e Piero Fassino, Nicola Zingaretti e Roberto Gualtieri, i leader sindacali Maurizio Landini e Susanna Camusso, i grandi vecchi Aldo Tortorella e Luciana Castellina come i giovani ministri Vicenzo Amendola e Giuseppe Provenzano, hanno optato per l'omaggio a un uomo che li ha accompagnati fino a pochi giorni fa con il suo consiglio.

Consigli che sembrano essere mancati al piccolo popolo degli irriducibiliche si accapiglia sul futuro del comunismo. E' mancato a questo ormai piccolo popolo l'orientamento politico che una volta gli davano i dirigenti del Pci.

Con la seconda repubblica capi e capetti hanno cominciato a occuparsi esclusivamente di orientare la propria personale carriera e l'orientamento politico del popolo comunista è stato delegato prima alla televisione e poi ai social network.

Tutti i comunisti rimasti

Quelli che inneggiano a Stalin sono del Partito comunista, di cui è leader Marco Rizzo, ex Pci ed ex Rifondazione comunista. Ce l'ha con lui il segretario regionale toscano del Partito comunista italiano (Pci con la i) Marco Barzanti, quando spiega che lo schieramento a sinistra del Pd è flagellato da "personalismi ridicoli". E invoca che quella del centenario del Pci sia «una giornata di svolta per tutti i partiti comunisti». Tutti? Sì, ce ne sono parecchi. Parlano tutti, ma a ore diverse e guardandosi male. C'è Rizzo, quello senza la i, poi c'è quello di Barzanti con la i.

Il marchio Partito comunista italiano era rimasto di proprietà alla rete di fondazioni orchestrata da Ugo Sposetti (Pd) per gestire il patrimonio immobiliare e culturale del Pci che il Pd ha ripudiato. Sposetti ha concesso al Pci di usare il marchio e anche per questo nel partito con la i è confluito il Pdci, il Partito dei comunisti italiani fondato da Armando Cossutta e Oliviero Diliberto quando si scissero da Rifondazione comunista. Rifondazione è ancora lì.

A Livorno arriva il segretario Maurizio Acerbo e anche lui parla con toni ragionevoli di arrivare a una formazione unica dei comunisti. E poi non dimentichiamo il Partito comunista dei lavoratori di Marco Ferrando, il trotzkista. Siamo a quattro, poi ci sono alcune formazioni minori e soprattutto Sinistra Italiana, figlia della Sel di Nichi Vendola.

Il leader Nicola Fratoianni, eletto in parlamento con i bersaniani di Leu e quindi oggi nella maggioranza che sostiene il governo Conte, non si sbilancia. Fa sapere attraverso Facebook che quella del partito comunista «non è solo storia passata perché molte delle ragioni per cui il Pci nacque cento anni fa, sono ancora qui», ma non spiega quale azione politica gli stimolano, stando ancora lì, quelle ragioni.

Almeno gli orfani di Livorno ci credono, vivono del loro lavoro e la politica la fanno «con pura passione». (Pier Paolo Pasolini, Le ceneri di Gramsci, 1959). Barzanti il 20 settembre scorso si è candidato in Toscana come governatore contro Eugenio Giani del Pd che poi ha vinto.

PAOLO LO DEBOLE FOTOGRAFO

Piccola digressione. Per sollecitare il "voto utile" da sinistra necessario a battere la leghista Susanna Ceccardi, Giani promise in campagna elettorale che sarebbe andato a Livorno per il centenario del Pci.

Alla fine ha annunciato che sarebbe andato al teatro Goldoni (quello da cui i comunisti se ne andarono sbattendo la parta) a presentare un francobollo commemorativo del centenario del Pci. E comunque se fosse andato al San Marco l'avrebbero trattato peggio di Romano.

Infatti gli irriducibili non vogliono proprio sentir parlare di voto utile, prediligono la testimonianza striminzita. Barzanti, appunto, si è candidato governatore e ha preso 16.078 voti contro gli 864.310 di Giani.

Anche il Partito comunista di Rizzo aveva il suo candidato, Salvatore Catello, che ha preso 17.007 voti. Rifondazione comunista ha appoggiato la lista di un altro candidato di sinistra, Tommaso Fattori, che ha preso 39.684 voti. In tre hanno messo insieme un dodicesimo dei voti di Giani.

Si parla dunque di unire le forze. Il Pci, che possiede il "marchio", ha aperto una fase costituente aperta agli altri comunisti. Però con Rizzo non possono trovarsi, dice Barzanti, cioè non con uno che ritiene tutti i segretari del Pci, a partire da Togliatti, dei traditori. Poi, dice Barzanti, Rizzo ha nel programma politico di sostituire la Costituzione del '48 con quella dell'Urss.

Anche con Rifondazione il dialogo è difficile, perché pare che gli eredi di Fausto Bertinotti siano accusati di votare talvolta con il Pd nei consigli comunali dove siedono.

Il Pci invece non cede mai. Mai hanno votato con il Pd i quattro consiglieri comunali eletti nei 273 consigli comunali della Toscana.

Fratelli che litigano alla commemorazione del padre, una cosa molto italiana. Chissà se Togliatti, quando propose la "via italiana al socialismo", aveva in mente che finisse con questo canovaccio: pochi comunisti in lite tra loro e tutti gli altri in lite con Matteo Renzi.

  

© Riproduzione riservata