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Come interpretare l’impatto dell’inflazione sui conti pubblici nel Def del governo Draghi

  • Non ci sono grandi sorprese nel Def. A fronte di una crescita più bassa, il governo è riuscito a metter da parte quasi 10 miliardi per contrastare il caro energia, confermando un graduale sentiero di riduzione nei rapporti di finanza pubblica.
  • Sorprende invece come molti commentatori abbiamo male interpretato l’effetto dell’inflazione.
  • Poiché è quasi tutta di natura importata, il deflatore del Pil rimarrà molto più basso rispetto alla crescita dei prezzi al consumo, impattando meno positivamente sulla crescita nominale e sulla dinamica del debito. Inoltre, la crescente quota di debito indicizzata all’inflazione anziché al deflatore, appesantirà la spesa per interessi.

Non ci sono grandi sorprese nel Documento di Economia e Finanza (Def). Il governo ha sostanzialmente confermato gli obiettivi di finanza pubblica, che vedono una graduale riduzione dei rapporti di debito e Deficit nei prossimi anni. Vi è una significativa revisione verso il basso nella stima di crescita, al 2.9 per cento nel 2022 rispetto al 4.7 per cento indicato in ottobre, che togliendo l’effetto trascinamento del 2021 si trasforma in una modesta crescita dello 0,6 per cento nell’anno. N

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