Il concetto di rischio non è mai stato evocato così tanto e al contempo usato così poco per prendere decisioni. Sono tante le scelte oggi che comportano rischi non trascurabili da comunicare adeguatamente, da ghiacciai instabili a ondate di calore, da rigassificatori galleggianti a inceneritori, che se collocati in aree abitate non si può decidere a priori e con approccio paternalistico che siano esenti da rischi o ne producano di accettabili: un approccio che solitamente innalza il senso di oltraggio, la percezione del rischio e la sfiducia verso il proponente.

La società del rischio

Viviamo in una società pericolosa e ossessionata dai rischi, sentenzia il sociologo Ulrich Beck nel suo famoso libro Società del rischio, tanto da avere definito un apparato metodologico per la valutazione e la gestione del rischio, conosciuto molto poco al di fuori dalla comunità scientifica specialistica.

Non sono solo i soggetti istituzionali a crederci poco ma anche le persone che “sfidano” il rischio: i sentieri sotto un ghiacciaio instabile non vengono inibiti e scalatori bramosi sfidano la probabilità.

Nella formulazione tecnica classica il rischio è dato dalla probabilità di un evento di accadere moltiplicato per la gravità del danno, quindi è tanto più grande quanto più è probabile che accada l'incidente e tanto maggiore è l'entità del danno correlato.

Ci sono esempi a non finire: aumentando la velocità in auto aumenta il rischio di incidente, aumentando sia la probabilità di accadimento sia il danno; un incidente nucleare ha una probabilità bassa ma comporta un danno elevato, la trasmissione di Omicron5 e lo sviluppo di malattia Covid-19 ha una probabilità elevata ma un danno contenuto (in soggetti non fragili), e via di questo passo.

Così come sono tante le situazioni in cui grandi minacce sono percepite a basso rischio e, viceversa, piccole minacce sono percepite come assai rischiose. Ad esempio, il gas radon - che si sprigiona da rocce e pietre di origine vulcanica - è poco conosciuto ed è sotto percepito il rischio di tumore del polmone non trascurabile per chi lo respira, mentre gli odori da impianti di rifiuti, seppure fastidiosi, vengono spesso percepiti come un rischio tossico più alto di quello reale.

Manca qualche elemento per capire cosa accade nella realtà: il convitato di pietra è la percezione del rischio, che può essere alterata sia a riguardo della probabilità che del danno.

Indignazione e percezione

Un noto esperto americano della comunicazione del rischio, Peter Sandman, ha osservato che le persone tendono a prendere sul serio un rischio o a scrollarselo di dosso soprattutto in risposta a fattori come la familiarità, la possibilità di controllo, la paura, la fiducia e la reattività, elementi etichettati come "fattori di indignazione".

Pertanto aveva aggiunto alla formula del rischio un ingrediente inconsueto da lui definito “outrage”, oltraggio o senso di offesa, che il pubblico prova quando non viene informato adeguatamente di un certo rischio.

L'esperienza insegna che il rischio percepito si innalza quando non si danno informazioni, peggio quando si negano.

Va ancora peggio quando viene data l’idea di nascondere informazioni per evitare di “allarmare”, perché così facendo si innesca la sindrome della censura, con la conseguenza che il pubblico si allarma di più e diventa più respingente. Così, spesso si chiama in causa la sindrome NIMBY, non nel mio giardino, evidentemente a sproposito.

La vulnerabilità e la fragilità

Altri ingredienti dovrebbero essere considerati quando si maneggia il rischio, in particolare la vulnerabilità di chi è esposto alle conseguenze dannose.

La vulnerabilità è in stretta relazione con la capacità di un individuo o di una comunità di far fronte in un determinato momento a particolari minacce e può essere associata a elementi specifici come la povertà e l’insicurezza sociale, economica, ambientale. Insulti esterni a persone e comunità più vulnerabili ne innalzano la fragilità.

Il fatto che questi tratti costitutivi, individuali e collettivi, siano diversi nel territorio e cambino nel tempo, rende più complicata la comunicazione con il pubblico, ma non per questo evitabile.

Questi insegnamenti, teorici e pratici, dovrebbero essere di guida alle amministrazioni pubbliche che si trovano a dover prendere decisioni che comportano rischi, magari elevati per i possibili danni e fortemente soggetti al senso di offesa.

Competenze e esperienze ci sarebbero ma perché non vengono usate? perché non si conoscono o perché se ne ha paura? in ambedue i casi, come nel gioco dell’oca, si riparte dal traguardo e in condizioni più svantaggiate.

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