Preso nel tiro incrociato tra richiesta di dichiararsi antifascisti e imbarazzante ritrosia ad affermarlo, provo a riprendere in mano un libretto dal titolo Il fascismo eterno, in cui Umberto Eco stila un elenco di caratteristiche. Proviamo a vedere se queste definizioni sono utili a capire se ci troviamo di fronte a un triste ritorno o a un nuovo che avanza (che spesso è peggio del vecchio).

La prima caratteristica è il culto della tradizione, un aspetto che rimanda a molte retoriche leghiste, in cui si evocano regolarmente le radici, ma anche ai frequenti richiami all’italianità come caratteristica fondante e dirimente, peraltro espressa con un assai poco italico “made in Italy”.

Il rifiuto del modernismo, inteso come pensiero razionale, basti pensare alle posizioni No-vax, che mettono in discussione la scienza, così come la negazione del cambiamento climatico. Atteggiamenti che rimandano a un altro punto individuato da Eco, cioè un innato sospetto verso la cultura e il mondo intellettuale. Al sapere dei “professoroni” si vuole contrapporre la retorica del “fare”, dell’azione, senza peraltro l’ombra di un afflato futurista o dannunziano. Il “fare” si contrappone al “pensare”.

Allo stesso tempo, però, in modo contraddittorio la destra esprime una forma di invidia verso la sinistra, capace di produrre quella cultura così detestata, ma agognata e necessaria. Se, ci dice Eco, «gli intellettuali fascisti ufficiali erano principalmente impegnati nell’accusare la cultura moderna e l’intellighenzia di avere abbandonato i valori tradizionali», gli esponenti della destra attuale non hanno neppure quell’aspirazione: combattono la cultura, perché la temono.

Il disaccordo è tradimento, questo è un punto di contatto quanto mai evidente: il caso Scurati, le proteste studentesche, i giornalisti che indagano, ogni forma di dissenso (ne sa qualcosa Domani), per quanto civile, viene attaccata con violenza fisica e verbale. Si sente spesso dire, con inspiegabile condiscendenza, che non siamo al tempo delle camicie nere, ma questo dovrebbe bastare a tranquillizzarci? Un secolo è passato, le cose sono cambiate, forse qualche volta i mezzi, ma non i fini. Silenziare ogni voce fuori dal coro, e lo slittamento nella classifica sulla libertà di stampa ne è il segnale allarmante.

Paura della differenza, il generale Vannacci è in fondo la punta di un iceberg molto più grande, che ha trovato voce nei deliri del candidato leghista alle europee. L’avversione verso gli omosessuali, gli stranieri, gli islamici è parte centrale delle retoriche di questo governo e dei parlamentari a esso legati. Tutto deve tendere a una presunta “normalità” giusta, l’unica possibile, tranquillizzante.

L’ossessione per il complotto: dall’Europa che minaccia le nostre scelte con le sue regole agli spesso evocati (ma mai indicati) poteri forti, ai magistrati che indagano sui politici corrotti. A livello personale, poi, la premier evoca sempre trame oscure contro di lei, dipingendosi come esclusa, marginalizzata (underdog), come outsider, nonostante il suo curriculum politico.

Il pacifismo è collusione con il nemico: come negare questo atteggiamento? Dal governo (e, va detto, nemmeno da gran parte dell’opposizione) non sono mai giunte istanze di pace, semmai richiami al riarmo, all’invio di armi, ma ogni idea di porre fine alle guerre è stata regolarmente tenuta a debita distanza, se non irrisa. Eco indica anche l’atteggiamento machista, che non viene meno nonostante una premier donna, così come la neolingua di orwelliana memoria, oggi potenziata dai numerosi canali di comunicazione, ma soprattutto quello che definisce populismo qualitativo, per cui gli individui non hanno diritti, è solo il “popolo” ad averne, il cui unico interprete è il leader, non i governi parlamentari.

Il premierato è proprio questo, l’espressione di un populismo che si riduce al potere del capo. Una finta maschera democratica, che cela un volto oscuro. «L’Ur-Fascismo può ancora tornare sotto spoglie più innocenti», conclude Eco. «Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme – ogni giorno in ogni parte del mondo».

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