La Shoah è uno degli eventi umani più noti e studiati al mondo, la storiografia definisce questo evento un turning point (negativo) nella storia dell’uomo, perché mette in crisi quella linea di sviluppo che ci ha portato ad essere quello che siamo noi oggi, soprattutto in occidente. Oltre a questo, possiamo aggiungere che ha un valore politico enorme, ormai in tutto il mondo la Shoah è il metro di misura su come vengono valutate le misure legislative che intervengono sulle nostre libertà.

Partendo da queste considerazioni, soprattutto tenendo presente la centralità che il genocidio degli ebrei occupa nel discorso pubblico, tutti o quasi dovremmo conoscere cosa sia quest’evento, che valori sottenda e quale sia il suo contributo alla formazione etica e civili dei cittadini del del Ventunesimo secolo; eppure non è così, perché attorno ad essa c’è un’ enorme confusione provocata dalle distorsioni della Shoah.

Di cosa parliamo

Shoah, è un termine ebraico che vuol dire catastrofe, distruzione o annientamento, indica un crimine contro l’umanità che si è verificato agli albori del Ventesimo secolo, il genocidio; secondo la definizione data dal giurista ebreo polacco Raphael Lemking, per essere definito come tale il genocidio deve prevedere «l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso».

Non è questo carattere a rendere unica la Shoah, infatti la comunità scientifica internazionale concorda nel considerare altri quattro genocidi accaduti nel Ventesimo secolo: gli Herero\Nama nell’attuale Namibia, gli Armeni in Turchia, l’auto-genocidio cambogiano e quello dei Tutsi in Ruanda.

Molto si è discusso attorno all’unicità della Shoah, arrivando alla conclusione in ambito accademico che sia preferibile definire questo evento come “senza precedenti” nella storia dell’umanità.

Lo spiegano alcuni fattori del fenomeno, come la cronologia, è l’unico genocidio di proporzioni gigantesche che si è svolto nell’arco di anni, dal 1941 al 1945; la dimensione geografica, Hitler e il nazismo volevano distruggere l’ebraismo mondiale e non solo le comunità presenti in alcuni paesi; il bilancio delle vittime, l’enorme numero di morti che quadruplica quelle del secondo genocidio più numeroso, quello degli Armeni (sulla Cambogia le cifre vanno dal 1.200.000 ai 3.000.000).

L’insieme di questi elementi fanno emergere l’assoluta radicalità dell’antisemitismo nazista, che non si esaurisce con la violenza e la perversione criminale. In realtà la definizione della Shoah come l’uccisione fisica degli ebrei è giusta, ma incompleta, dal momento che l’obiettivo dei nazisti ambiva alla totale cancellazione dell’ebraismo sulla terra, in ogni sua forma come a strappare via una pagina dal libro della vita.

Degli ebrei andavano distrutti i corpi e tutto ciò che avevano generato, socialmente, culturalmente, religiosamente.

Soluzione finale

Per Shoah si intende la “Soluzione finale” messa in atto dai nazisti, tra la fine del 1941 al 1945. Tale decisione fu presa a Berlino tra il novembre e il dicembre 1941 dalle le più alte sfere del nazismo, Hitler e Himmler su tutti, e fu la conseguenza di alcune strategie militari regionali che si erano realizzate all’indomani dell’invasione dell’Urss e che prevedevano l’uccisione di tutti gli ebrei, uomini, donne e bambini.

Questa soluzione radicale e definitiva venne considerata la migliore per risolvere la “questione ebraica”. La fase iniziale del genocidio è definita la “Shoah dei proiettili”, perché in questo caso gli ebrei vengono uccisi per fucilazione di massa e seppelliti in gigantesche fosse comuni.

Autori di queste stragi furono quattro Einsatzgruppen (Unità operative) che ebbero il compito di bonificare le retrovie dell’esercito tedesco, eliminando tutti gli elementi indesiderati o pericolosi; ebrei, partigiani, intellettuali e appartenenti al partito comunista. L’episodio più tristemente famoso è la strage di Babij Jar alle porte di Kyiv, quando tra il 29 e il 30 settembre 1941 i nazisti fucilarono oltre 33.000 ebrei della capitale ucraina.

Questa enorme carneficina, che provocherà più di 1.500.000 di morti, durerà per tutto il 1941 e oltre, ma la fucilazione verrà sempre meno usata, perché causava traumi troppo importanti nei soldati e poliziotti tedeschi, oltre a essere considerata inefficace per numeri sempre maggiori di ebrei da uccidere.

Per questo si passerà a una nuova fase dopo la conferenza di Wannsee del gennaio 1942; tra le altre cose messe in piedi in quell’occasione ci fu la cosiddetta Aktion Reinhard, nome in codice del piano per uccidere gli ebrei del governatorato generale (Polonia occupata) che coincise con l’attivazione dei centri di sterminio col gas come strumento per completare la distruzione dell’ebraismo europeo, come Belzec, Sobibor e Treblinka, che causeranno la morte di circa 1,7 milioni di ebrei, nella stragrande maggioranza polacchi.

Questa duplice azione genocidaria, fucilazione e centri di sterminio, determinò l’assassinio nel 1942 di 2.700.000 di ebrei, la metà del totale delle vittime della Shoah, una media di 7.500 al giorno.

Questa fase fu agevolata dalla creazione dei ghetti dopo la conquista dei territori polacchi e sovietici, dove vennero rinchiusi migliaia di ebrei in condizioni disumane, una fase della storia della Shoah meno nota. I ghetti crearono le condizioni per la distruzione psicologica e fisica degli imprigionati, in un certo senso propedeutici a quello che accadde successivamente.

Gli storici definiscono i ghetti «di natura genocidaria», per le condizioni di vita estreme a cui furono sottoposti gli ebrei, che non solo causarono circa mezzo milione di morti, ma demolirono lo spirito delle masse ebraiche. Ciò nonostante, come ci ricorda la rivolta del Ghetto di Varsavia, ci furono insurrezioni in oltre 50 ghetti, e gli ebrei cercarono di resistere come potevano, adattandosi al contesto dell’internamento.

Auschwitz

L’assassinio degli ebrei durante Aktion Reinhard proseguì fino all’ottobre\novembre del 1943, quando terminarono le gassazioni a Treblinka e Sobibor. Già dal giugno del 1942 i nazisti attivarono l’operazione segreta chiamata Sonderaktion 1005, ovvero il tentativo di nascondere o distruggere qualsiasi prova dell’omicidio di massa avvenuto nell’ambito dell’Operazione Reinhard o dei massacri all’est.

Come disse Himmler agli ufficiali SS a Poznań, in Polonia, nell’ottobre del 1943: «Questa pagina di storia non sarà mai scritta». L’ultima fase della Soluzione finale è legata al grande sviluppo di Auschwitz: a Birkenau perirono un totale di 1.100.000 ebrei, in quel luogo, attrezzato con quattro grandi crematori, si concentrò la Shoah dell’Europa occidentale e degli ebrei ungheresi.

Se la prima fase, quella dei grandi massacri, fu portata avanti in maniera brutale e sanguinaria, quest’ultima fase è rappresentata come l’industrializzazione della morte. Nella città sulla Vistola i nazisti portarono avanti le operazione dello sterminio fino al novembre 1944 quando furono fatte saltare in aria le camere a gas e i forni crematori.

Il 27 gennaio Auschwitz venne liberata dall’Armata Rossa che trovò ancora in vita solo qualche migliaio di prigionieri sfiniti e che le SS avevano considerato non trasportabili nel corso della grande evacuazione verso altri Lager. Tutti gli altri detenuti erano stati costretti alle cosiddette “marce della morte” per riportarli nei campi interni del Reich.

I deportati dall’Italia

In Italia la Shoah ebbe inizio dopo l’8 settembre. Le politiche della Repubblica sociale ruppero il tabù delle deportazione dai territori controllati dagli italiani.

Si calcola che dal nostro paese furono deportati verso Auschwitz oltre 7.500 ebrei, con trasporti che partirono da Roma, Milano, Fossoli, Trieste e da altre città italiane. Con l’occupazione il cambio di rotta fu repentino, già il 16 settembre ci fu la retata degli ebrei di Merano, seguita dal quella del 9 ottobre di Trieste e poi il 16 ottobre il grande rastrellamento a Roma, soprattutto nel quartiere dell’ex ghetto.

Si calcola che i 7.500 ebrei deportati (la stima include anche Rodi) furono circa il 20 per cento degli ebrei presenti sul territorio italiano in quel momento, una delle percentuali più basse in d’Europa, dove la Shoah fece in percentuale molte più vittime, con punte di oltre il 90 per cento di assassinati sul totale, come nei casi di Polonia, Lituania, Austria e Lettonia.

Ma va aggiunto che quasi il 90 per cento di quei 7.500 ebrei trovò la morte nelle camere a gas.

Un’ultima considerazione su questa sintetica storia della Shoah riguarda il capitolo delle responsabilità: sicuramente la Germania nazista ebbe un ruolo centrale, sia ideologicamente che organizzativamente, ma non va dimenticato che senza una collaborazione attiva di molti popoli europei, non sarebbe mai stato possibile raggiungere un numero così alto di morti.

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