Una riforma strutturale che determina un cambiamento profondo e permanente, modifica abitudini e comportamenti e così agisce anche sui modelli culturali. È questa la scelta politica per una crescita economica sostenibile equa e paritaria che nel corso dell’ultimo anno, attraverso incontri, confronti pubblici e riflessioni promosse dall’associazione “Volare” presieduta da Tommaso Nannicini, ha trovato un primo approdo, grazie  ai contributi di esperti, associazioni, di Titti Di Salvo ed Emanuela Mastropietro in particolare, di Chiara Gribaudo, nel disegno di legge 2125 a doppia firma Nannicini-Fedeli «Interventi per l’equità di genere nel tempo dedicato al lavoro e alla cura dei figli».

Parità nei congedi

Totale parità nei congedi di maternità e paternità, con 5 mesi obbligatori per genitore pagati al 100 per cento, per tutte le lavoratrici e i lavoratori, a prescindere dalla condizione contrattuale o professionale.

E poi fino a 6 mesi di congedi sia per la madre che per il padre, fino ai 14 anni, con indennità maggiorate; e ancora part time e lavoro agile di coppia agevolati.

E un sistema di incentivi e strumenti per accompagnare le imprese, tra cui voglio sottolineare la nuova funzione di “Manager della condivisione”, per aiutare l’organizzazione del lavoro ma anche il cambiamento culturale.

È poi previsto un bando per i Comuni per rafforzare i servizi di sostegno alla genitorialità, che si uniscano al piano di rafforzamento dei servizi educativi 0-6 già previsto dal Pnrr.

La riforma con scelte dirette e sostenibili grazie all’ancoraggio finanziario al Pnrr, compie un salto culturale rispetto alle cristallizzazioni del pensiero che restando nella nostra zona di comfort definiamo comunemente “normali”.

Ma la normalità, quando parliamo di uguaglianza di genere, è sempre una finzione, un inganno del senso comune, visto che viene determinata, praticamente da sempre, da una cultura patriarcale.

Si finisce così a considerare certi ruoli, certe responsabilità, certe possibilità come “naturalmente” destinati a uomini o donne. Ma non c’è niente di naturale in tutto questo, niente di immutevole: ruoli, compiti e possibilità sono definizioni sociali, e possiamo modificarli, per rispondere meglio a questioni di equità, di uguaglianza sostanziale tra i generi, ma anche di crescita, di competitività del Paese.

Il salto culturale

Ed ecco il salto culturale: smettere di pensare e parlare in termini di conciliazione, e riconoscere invece il valore della condivisione.

È un passaggio fondamentale perché la conciliazione non incide su ruoli, responsabilità e possibilità, agisce in termini poco più che assistenziali, e lascia in fondo tutto fermo.

Condividere significa invece agire proprio su ruoli, responsabilità e possibilità. Non pensando solo alle donne, ma a entrambi i genitori: ai ruoli, alle responsabilità e alle possibilità anche degli uomini. Per permettere alle donne di non dover abbandonare lavoro e carriera. E per permettere agli uomini di vivere pienamente le responsabilità, ma anche le gratificazioni uniche dell’essere padri.

La riforma scommette sul fatto che agire sul tempo, renderlo una risorsa primaria da condividere in maniera egualitaria, crei le condizioni per esperienze genitoriali e di lavoro che meglio permettano di esprimere e valorizzare le differenti energie, sensibilità e competenze maschili e femminili. Per avere famiglie più felici e un paese più competitivo.

La parità di genere non è mai, infatti, una questione femminile. È una questione di uguaglianza, di realizzazione dei valori costituzionali, di moltiplicazione delle opportunità per tutto il Paese.

Ormai c’è una letteratura ampia di studi e ricerche che spiegano come superare ogni tipo di gap di genere nel mondo del lavoro permetterebbe di moltiplicare gli indici di crescita e di facilitare il cambiamento dei modelli di sviluppo, con una maggiore capacità di innovazione, di rilevanza della dimensione etica, di attenzione alla sostenibilità. 

Ecco perché condividere è una rivoluzione. Una rivoluzione del modo in cui costruiamo la nostra società, le relazioni affettive, ma anche la comunità, la convivenza.

Lo penso e lo dico da tempo: condividere è un valore anche politico, «una scelta in fondo semplice, ma che può risultare rivoluzionaria», come ho detto intervenendo in Aula per la fiducia al Governo Draghi.

E allora una riforma che si fonda sul valore della condivisione per me può essere - come auspicavo concludendo quell’intervento - la prima decisiva occasione per costruire un’Italia che sa condividere: condividere le responsabilità genitoriali, condividere le responsabilità politiche e istituzionali, condividere le occasioni di lavoro e i percorsi di carriera, condividere le opportunità in ogni campo, e condividere le scelte sempre.

Se non ora quando?

La portata del percorso che iniziamo è davvero ambiziosa, la parola rivoluzione ha un senso concreto. E d’altra parte quale momento migliore (se non ora quando?) per una riforma rivoluzionaria di quello in cui dobbiamo uscire dallo stravolgimento della crisi pandemica sapendo davvero rilanciare un’Italia con più uguaglianza, che cresce di più, con più benessere per tutte e tutti?

Ma ora viene il bello, perché non basta presentarla la riforma, dobbiamo condividerla con l’insieme delle forze progressiste presenti in Parlamento e nella società per farla diventare concreta realtà e a questo chiameremo a confronto anche le rappresentanze del mondo del lavoro, delle imprese, del Terzo Settore e dell’associazionismo.

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