Se ci fosse un Times italiano, metterebbe “l’uomo della necessità” in copertina. Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha incoronato Mario Draghi dichiarandolo né possibile né provvidenziale, ma necessario. Necessario è ciò di cui non si può fare a meno, neppure volendolo.

Nel dominio del necessario non vale la logica della possibilità, che è ipotetica (se vuoi A devi B). Non vale nemmeno nella dimensione morale, che non può sottomettere il bene alla logica della necessità perché la scelta individuale deve essere libera e personale affinché l’azione sia responsabile e giudicabile.

Nemmeno nella sfera della politica la necessità ha corso, anche se chi prende decisioni può accamparne la necessità, e molto spesso lo fa (col rifugio nel “non si poteva fare diversamente”).

La politica è il regno della scelta possibile e della sua contestazione (che non scompare mai, nemmeno nei regimi dispotici, dove si fa segreta) e non ha leader necessari.

Dire che Draghi è l’uomo della necessità è uno gioco retorico di notevole sfrontatezza. Bonomi dice quel che ha interesse a far credere: per quanto sofferente e slabbrata, la democrazia non designa mai “leader necessari”.

I leader sono a termine e nessuno può imporre un fermo a un incarico politico. Bonomi lo sa, ma sa anche che nel governo dell’opinione quella frase avrà un impatto, sui partiti e sui media.

Draghi non è, ha detto Bonomi, l’uomo della possibilità e neppure della provvidenza. Il primo è quel che offre la democrazia: ogni leader è uno dei possibili.

Il secondo è quello dei momenti fondativi, colui che sa trascinare il suo popolo verso la terra promessa, sopportando il sacrificio del deserto. Questo leader si impone, ed è necessario come tutto ciò che appartiene ad un ordine delle cose che gli umani possono al massimo decifrare per grandi linee. Ma l’uomo della necessità non è nè l’uno nè l’altro.

In quale necessità Bonomi ha messo Draghi? Lo ha messo nella logica ferrea del profitto perché egli sa cosa fare e come, e perché è libero dal ciclo elettorale. Libero di gestire la necessità che interessa a Bonomi. Sapendo che uno è l’obiettivo e le strade sono determinate.

Viene da dire che Bonomi tiene in mano l’arma dell’accountability e il necessario Draghi deve rendere conto, come un bravo amministratore; egli ha la “mano forte” che aiuta a prendere decisioni che favoriscano gli utili (con la promessa bella che verranno reinvestiti) e abbassino il costo degli oneri sociali.

Se le aziende non sono “il bancomat” a uso dei loro licenziati, meglio che il lavoratore si paghi un’assicurazione privata per far fronte a quell’inconveniente.

Privato dovrà essere anche il collocamento per chi cerca lavoro: se il lavoro è una merce, il suo mercato non può essere sotto l’ombrello del pubblico. Tutto quel che pertiene all’economica deve seguire la legge della crescita dei profitti, che è necessaria, non opzionale.

Forse a Bonomi piacerebbe che, per una volta si saltassero, le elezioni: più a lungo l’uomo della necessità amministra la loro necessità meglio è. Quella economica è una necessità permanente, non a tempo come un mandato elettorale.

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