Attilio Bolzoni ha analizzato su questo giornale gli stretti e intensi rapporti tra Antonello Montante e l'Eni, la più importante e strategica azienda italiana controllata dallo stato (“La rete di Montante arrivava all’Eni di Emma Marcegaglia”, sabato 24 aprile). Ma ciò che emerge dall'inchiesta della procura di Caltanissetta, come lo stesso Bolzoni non manca di notare, lascia aperto un grande interrogativo. Per entrare nell'argomento è utile un breve riassunto delle puntate precedenti.

La storia

Il 10 maggio di due anni fa Montante è stato condannato a 14 anni di carcere in un processo con il rito abbreviato che di per sè comporta uno sconto di pena di un terzo: la sentenza vale dunque, virtualmente, 21 anni di carcere per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo a sistema informatico. Colpisce la lista dei coimputati di Montante per i quali il processo prosegue con il rito ordinario: tra loro l'ex presidente del Senato Renato Schifani, l'ex direttore dell'Aisi (servizi segreti) Arturo Esposito, il caporeparto dell'Aisi Andrea Cavacece, il colonnello dei carabinieri Giuseppe D'Agata, il poliziotto Salvatore Graceffa; il dirigente di Confindustria Carlo La Rotonda; il maggiore della Guardia di Finanza Ettore Orfanello; il luogotenente Mario Sanfilippo e il colonnello dei carabinieri Letterio Romeo. L'inchiesta di Caltanissetta non si è però fermata e ha portato il 19 marzo scorso a un nuovo avviso di conclusione delle indagini: gli indagati sono più o meno gli stessi, in testa Montante, ma alla lista si aggiunge il nome dell'ex governatore siciliano Rosario Crocetta.

Montante inizia la sua scalata vertiginosa nel 2008, quando la sua vecchia e intima amica Emma Marcegaglia diventa presidente della Confindustria e gli affida la delega alla legalità. Dalla sua Caltanissetta Montante innalza il vessillo antimafia e su questa gigantesca impostura costruisce una rete di potere formidabile. Nel 2014, già indagato anche se il fatto non è noto, sembra sul punto di diventare ministro dell'Industria nel nascente governo Renzi, poi viene nominata Federica Guidi, un'altra esponente della Confindustria. Nelle stesse settimane Marcegaglia viene nominata presidente dell'Eni e qualcuno si spinge a ipotizzare che la spinta decisiva gliel'abbia data proprio l'amico Antonello.

Il paradosso

Qui si pone l'interrogativo. A giudicare da quanto emerge finora dalle carte processuali si profila uno scenario paradossale. Montante tiene rapporti stretti con i vertici dell'Eni e incontra una volta anche l'amministratore delegato Claudio Descalzi, come riferisce Bolzoni. Sembra in grado di dare ordini alla presidente Marcegaglia ma anche a dirigenti di alta caratura come Salvatore Sardo. Eppure sembra coltivare un sistema di relazioni e un potere sproporzionati alle ambizioni che coltiva, principalmente far ottenere appalti in Sicilia ai suoi amici imprenditori Rosario Amarù, titolare di un'azienda meccanica, e Carmelo Turco, a capo di un'impresa edile considerata sull'orlo del fallimento. Poi costituisce con l'altro eroe antimafia Ivan Lo Bello la società Terranova che ottiene a sua volta dall'Eni un appalto da 14 milioni. Tutto qui? Un sistema spionistico tentacolare e un'associazione a delinquere quantomeno affollata, insomma il "sistema Montante", producono una selva di intercettazioni in siciliano stretto finalizzato a qualche affaruccio di interesse locale dei signori Amarù e Turco, oppure a sostenere le velleità di carriera nell'Eni di Nazario Saccia, ex finanziere di Caltanissetta assunto dal colosso petrolifero pochi mesi dopo aver guidato una approfondita perquisizione nella raffineria di Gela.

Gli interessi

A Montante interessa solo la Sicilia? Nemmeno quella, verrebbe da dire. Montante si dissolve quando si sviluppa intorno alla procura di Siracusa, secondo un'inchiesta ancora aperta a Milano, il tentativo dei vertici dell'Eni di colpire due consiglieri d'amministrazione scomodi (Luigi Zingales e Karina Litvack) per i quali vengono appositamente prodotti avvisi di garanzia farlocchi. Il magistrato che li ha firmati è stato arrestato ed è emerso il ruolo di Piero Amara, legale di fiducia dell'Eni apparentemente addetto al lavoro sporco soprattutto nei palazzi di giustizia siciliani. L'Eni dunque, anche in Sicilia, per le cose serie si affida al siracusano Amara e con Montante tratta di Turco e Amarù. Come se Amara non conoscesse Montante e Montante non sapesse dov'è Siracusa. Può essere. Ma allora Montante, quando incontra a Roma politici, manager, capi dei servizi e alti magistrati, di che cosa parla? Forse la risposta è ancora nascosta sotto gli ampi "omissis" della procura di Caltanissetta. O forse chi deve sapere già sa.


 

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