Anche dopo l’inizio dell’indagine per mafia che gli è costata una condanna a 14 anni, l’ex paladino della legalità dell'associazione industriali, Antonello Montante, aveva stretti rapporti con i vertici di Confindustria con quelli delle istituzioni e con l’Eni, come si scopre dalle intercettazioni del nuovo filone di inchiesta
- Al centro c'è Calogero Antonio Montante detto Antonello e intorno una dozzina di personaggi, tutti posizionati ai piani alti di Confindustria e di Eni. E poi c'è lei, Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria dal 2008 al 2012 e presidente dell'Eni dal 2014 al 2020.
- E' quanto sembra affiorare dagli atti, telefonata dopo telefonata, incontro dopo incontro. Tuttavia c'è chi lo percepisce capovolto quel rapporto: con Antonello padrone.
- Di certo è che quelle tre o quattro foto che li ritraggono insieme, sorridenti e complici, non bastano a spiegare un vincolo antico e profondo, certificato dal diario di Montante ritrovato in una stanza nascosta della sua villa in Sicilia. Il bunker dei dossier e dei ricatti.
Si mostrano spavaldi ma sono molto inquieti. Temono di perdere tutto, la vicenda giudiziaria rischia di prendere una brutta piega e loro lo sanno. Parlano di Eni e invocano un nome. Vengono rassicurati: «Per me Emma è una sorella». Qualcuno però è infastidito, lamenta che lui sarebbe dovuto intervenire prima con «sua commare Marcegaglia». Forse è troppo tardi. Forse l'inchiesta li travolgerà o, nel migliore dei casi, li metterà fuori gioco. E parlano, parlano tanto. Sicuri che nessuno li stia a
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