Suggeriva John Stuart Mill che prima di concludere che la politica non fa per le donne e le donne per la politica, occorre dare loro un’opportunità – del resto, come ignorare il ruolo della grande Elisabetta? Chi può dargli torto? Eppure, la realtà sembra a volte superare l’immaginazione, se il “garante” di un partito al governo mette pubblicamente alla gogna la ragazza stuprata dal figlio dai suoi tre amici. Una storia sordida e vergognosa.

Per respirare aria buona si devono scavalcare le Alpi verso nord. In Germania, i Grünen hanno annunciato che Annalena Baerbock sarà la loro candidata alla cancelleria nelle elezioni di settembre. Una donna potrebbe succedere a una donna, e i verdi a un governo a guida centrodestra. Sarebbe un doppio salto mortale; e se l’atterraggio al tappeto riuscisse bene, sarebbe da medaglia d’oro. Baerbock ha praticato a livello agonistico il salto del trampolino. È allenata alla competizione. Forse le riuscirà anche questo volteggio, disposta ad alleanze di centro destra e di centrosinistra. Modello larga coalizione. Si dirà, tutto qui?

Eppure le implicazioni della leadership di Baerbock possono essere più radicali di quanto non appaia. È emersa nell’anno della pandemia che impone di tenere insieme politica, ambiente, salute. Un cambiamento colto subito dalle leader emerse in altri paesi: in Nuova Zelanda Jacinda Ardern, in Finlandia Sanna Marin, in Estonia Kaja Kallas. Hanno in comune con Baerbock la generazione, la formazione e lo stile politico. Quarantenni, colte, capaci di coniugare principi e fattibilità, di smorzare attriti e facilitare compromessi. Insomma, ottime leader, che alla polemica prediligono la progettualità.

Baerbock rappresenta anche l’evoluzione graduale pragmatica dei verdi tedeschi dall’originario ecologismo identitario al governo (di undici Land) in coalizioni variegate, ma tutte ispirate al progetto della transizione ecologica. La lunga marcia dall’intransigentismo al pragmatismo ha il suo traguardo in Baerbock.

I suoi critici da sinistra ironizzano sulla sua narrazione obamiana, tutta “speranza, innovazione e nuovi orizzonti”. Ma dopo la crisi del 2020-21, di questo c’è bisogno, anche se forse in chiave meno accomodante, come Biden dimostra. 

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