Il prossimo 15 giugno, il presidente Joe Biden si unirà a Charles Michel e Ursula von der Leyen a Bruxelles per un importante vertice Unione europea-Stati Uniti volto a rilanciare la cooperazione bilaterale dopo quattro anni piuttosto problematici. Il cambiamento climatico è in cima all’agenda, suscitando speranze sul ruolo potenziale dei partner transatlantici nell’imprimere la necessaria accelerazione al percorso globale di decarbonizzazione.

Molti sono gli elementi di ottimismo. I due blocchi condividono oggi un’ambizione climatica comune e, rappresentando il 40 per cento del Prodotto interno lordo globale e il 30 per cento delle importazioni di beni, gli altri paesi non possono semplicemente ignorare ciò che accade tra le due sponde dell’Atlantico. La domanda chiave è: come possono Ue e Usa velocizzare i loro sforzi di decarbonizzazione domestica, e allo stesso tempo creare un incentivo per gli altri paesi a muoversi nella stessa direzione? Dal nostro punto di vista, la risposta può essere trovata nell’introduzione congiunta di una tassa sul carbonio alle frontiere (misura comunemente identificata nell’acronimo inglese Cbam, da Carbon border adjustment measures).

La tassa sul carbonio

Cbam rappresenta una tariffa sulle merci importate basata sul loro contenuto di carbonio. Questa tariffa, il cui importo sarebbe equivalente al prezzo sulla Co2 applicato a livello domestico, sarà necessaria in ogni paese che intende davvero decarbonizzare la propria economia. Infatti, lo sviluppo dei meccanismi di prezzo del carbonio (come il sistema di scambio delle quote di emissione europeo Ets) o delle regolamentazioni ambientali necessari a ridurre le emissioni comporteranno un serio rischio di carbon leakage, ovvero una situazione in cui le aziende spostano la produzione di beni ad alta intensità di carbonio in paesi con misure di politica climatica più deboli al fine di risparmiare sui costi, e poi importano i prodotti da questi stessi paesi. Cbam non rappresenta dunque, come alcuni ritengono, una misura di protezionismo, ma una garanzia sul mantenimento di condizioni di parità, dato che alcuni paesi sono più seri di altri nell'attuazione dei loro impegni di decarbonizzazione.

Nel contesto del Green deal europeo, l’Ue sta già pianificando l’introduzione di Cbam entro il 2023 al più tardi. Fino all’anno scorso, il timore a Bruxelles era che gli Stati Uniti avrebbero considerato una tale mossa come l’inizio di una guerra commerciale, ma con il presidente Biden c’è ora l’opportunità di una conversazione molto diversa. Durante la campagna presidenziale, Biden ha infatti appoggiato l’idea di introdurre tali misure sui beni ad alta intensità di carbonio importati da paesi che non rispettano i loro obblighi climatici e ambientali. Inoltre, il Congresso degli Stati Uniti sta attualmente lavorando su due diversi disegni di legge volti a introdurre un sistema di prezzo del carbonio a livello federale, che includono anche Cbam.

Il modo migliore per l’Ue e gli Usa di introdurre tali misure sarebbe quello di farlo insieme, e di farlo specificatamente attraverso la creazione di un Club del clima, cosa che può essere fatta in tre fasi. In primo luogo, essi dovrebbero coordinare più strettamente le loro tabelle di marcia per la decarbonizzazione. Ognuno può ovviamente scegliere il proprio approccio, ma le tappe a breve termine dovrebbero essere simili, per evitare il rischio di carbon leakage. In secondo luogo, essi dovrebbero accordarsi su una metodologia chiara per misurare il contenuto di carbonio di tutti i beni, compresi quelli più complessi. In terzo luogo, Ue e Usa dovrebbero assicurarsi che il sistema sia trasparente e aperto a tutti i paesi che vogliono aderire, poiché questo è fondamentale per garantire la conformità con le disposizioni dell’Organizzazione mondiale del commercio.

Creando un tale Club del clima, l’Ue e gli Usa non solo assicurerebbero la loro competitività industriale mentre accelerano i loro percorsi di decarbonizzazione, ma darebbero anche ad altri paesi – a cominciare dalla Cina – un importante incentivo a intensificare la loro azione interna per il clima per far parte del club, e quindi evitare di essere soggetti a Cbam in quelli che rappresentano i loro principali mercati di destinazione delle esportazioni.

Per aumentare ulteriormente il suo contributo alla decarbonizzazione globale, oltre alla sua accettazione internazionale, parte delle entrate raccolte da Cbam potrebbe essere utilizzata per finanziare l’adozione di tecnologie green nei paesi in via di sviluppo.

Grazie agli sviluppi delle tecnologie pulite e a uno slancio politico senza precedenti, il mondo ha oggi la possibilità di invertire il suo fallimento nell’affrontare il problema del cambiamento climatico. L’Ue e gli Usa hanno il dovere storico di fare da guida a questo processo. Farlo con l’introduzione congiunta di Cbam nel quadro di un Club del clima aperto a tutti i paesi volenterosi di mettere davvero in pratica sin da subito i loro obiettivi climatici di lungo periodo, offre la massima garanzia di successo.

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