Mentre le armi sparano in Ucraina il mondo occidentale ha steso un cordone economico finanziario attorno alla Federazione Russa, separandola dai mercati finanziari mondiali, quasi paralizzando il suo sistema economico. Non si è mai assistito nel secolo precedente e in quello attuale alla riduzione di un paese grande come la Russia allo stato di pariah economico.

La dirigenza russa certamente aveva previsto che l’invasione dell’Ucraina avrebbe comportato sanzioni da parte del mondo occidentale, ma non aveva previsto che quasi tutto il mondo avrebbe aderito a un tale sistema sanzionatorio, sperando soprattutto in una divisione fra i paesi europei e gli Stati Uniti.

La fortezza economica russa, costruita con politiche economiche poco espansive, degne del Washington consensus della fine del secolo scorso, non è riuscita a resistere nemmeno un giorno alla forza delle sanzioni economiche.

Il rublo si è ampiamente svalutato in pochi giorni passando da circa 90 rubli per dollaro alla quotazione odierna di 133 rubli. Secondo l’analisi di JP Morgan Chase &Co quest’anno il prodotto interno russo avrà una caduta del 7 per cento. Altri istituti sono ancora più pessimisti come l’Institute of International Finance che prevede una caduta del 15 per cento. L’agenzia di valutazione del rischio di crediti Fitch ha declassato il debito russo allo status “spazzatura” ed ha segnalato la possibilità che vi possa essere fallimento del debito sovrano.

Anche se appena emesse le sanzioni Dmitry Peskov, portavoce del governo, ha dichiarato «la nostra economia sta sperimentando in questo momento uno shock economico le cui conseguenze negative verranno minimizzate», subito dopo il presidente russo ha aggiunto che l’insieme delle sanzioni rappresenta «una dichiarazione di guerra». È andato vicino al vero.

Per minimizzare le conseguenze negative Vladimir Putin ha ordinato al governo di «agire decisamente» con la nazionalizzazione delle imprese straniere che intendano lasciare la Russia e sono stati deliberati controlli sui cambi e sui prezzi. L’impressione è quella di una estrema indecisione e di provvedimenti che possono avere effetto nel breve periodo per evitare il collasso, ma che non impediranno gravi problemi strutturali dell’economia russa.

La Banca centrale

La Banca centrale con la sua governatrice Elvira Nabiullina, che aveva presentato le sue dimissioni al momento dell’invasione dell’Ucraina, ha immediatamente alzato il tasso di interesse 20 per cento per diminuire una svalutazione ancor maggiore del rublo e ha fornito ampia liquidità al sistema. costringendo gli esportatori a cedere alla banca centrale gran parte della loro valuta estera. L’unico vantaggio per l’economia russa è che la svalutazione del rublo permetterà al governo di guadagnare più rubli per il gas e il petrolio che riuscirà a vendere sui mercati mondiali, rubli che potranno essere usati per aumentare i salari degli impiegati statali e le pensioni. È stato calcolato che ai prezzi attuali del petrolio la Russia guadagnerà 2,7 volte l’ammontare di rubli rispetto al 2019.

Le prospettive

Le prospettive di crescita della economia russa, qualora venga superato questo periodo di guerra, non sono certamente buone per cause che sono precedenti allo scoppio della guerra. Le grandi imprese sono statali o controllate da pochi oligarchi con scarsa concorrenza nel sistema.

La Russia ha inoltre fallito la conversione da economia basata sul gas e petrolio a economia diversificata; la crescita ha risentito di questa mancanza di dinamismo e infatti il reddito pro capite è rimasto stagnate per tutto il periodo 2013-2020 . Nel prossimo futuro certamente la situazione non migliorerà.

Un risultato dell’avventura ucraina sarà quello di rendere la Russia più povera, il reddito calerà mentre aumenteranno le spese militari. È evidente che vi sarà un peggioramento del tenore di vita dei cittadini, ma anche un notevole scontento della grande borghesia che si vede colpita dalle sanzioni che ne compromettono la vita da moderni granduchi russi.

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