«David era un uomo di parte, ma di tutti, perché la sua parte era quella della persona. Per questo per lui la politica era, doveva essere, per il bene comune e la democrazia sempre inclusiva, umanitaria e umanista. Ecco perché voleva l’Europa unita e con i valori fondativi, che ha servito perché le sue istituzioni funzionassero. che ha amato perché figlio della generazione che ha visto la guerra e gli orrori del genocidio e della violenza pagana nazista e fascista, dei tanti nazionalismi». Queste le parole di monsignor Zuppi durante l’omelia per il funerale di David Sassoli.

L’11 febbraio sarà passato un mese dalla scomparsa di David. Una morte repentina, ingiusta, di un uomo ancora giovane che si stava battendo per una Europa più giusta, più vicina ai cittadini. Forse, anche per questo, si è sviluppato un moto di commozione generalizzata che ha travolto il paese e gran parte dell’Unione. La morte come epifania, disvelamento della verità più profonda che una vita degna porta con sé. Quei giorni ci hanno riconciliati con un altro modo di intendere l’impegno politico: serietà, idealità, tenacia, gentilezza.

Abbiamo scoperto quanto affetto circondasse David, quanto fosse convincente la sua sobrietà, testimonianza mai urlata, lontana mille miglia dal chiacchiericcio rissoso dei talk in cui, spesso, va in scena la rappresentazione teatrale della politica.

Il funerale-manifesto

Liliana Segre e David Sassoli (Copyright 2020 The Associated Press. All rights reserved)

Il suo funerale è stato un vero e proprio manifesto politico, quello del cattolicesimo sociale che si batte per valori non negoziabili, tenendo sempre aperto il canale dell’ascolto e del dialogo. Da Presidente del Parlamento ha segnato il suo tempo con battaglie limpide per la centralità dello Stato di diritto contro le derive autoritarie interne ed esterne ai confini dell’Unione.

Ha fatto, durante il lockdown, del parlamento un luogo aperto mentre tutto chiudeva. Un luogo capace di accogliere chi salva vite in mare. Si è battuto contro la violenza che colpisce i migranti in transito, nel mediterraneo e sul confine est. Ha lanciato la conferenza sul futuro dell’Europa quando, a causa della pandemia, eravamo angosciati dal presente.

Ha contrastato le ingerenze di potenze straniere, produttrici di fake, orientate a influenzare gli umori e la mentalità degli europei. Ha difeso la libertà di stampa ovunque fosse in pericolo. Si è speso senza sosta per il Piano di resilienza e rinascita e per avere un bilancio dell’Unione più ricco e autonomo, aumentando le risorse proprie. Ha cercato di negoziare un rapporto più equilibrato tra la rappresentanza politica e le grandi piattaforme del web.

Senza dimenticare il lavorio costante sulla memoria e il ricordo dell’orrore dei campi di sterminio e della Shoah. La foto di lui con Liliana Segre alla presidenza del parlamento rimarrà nei libri di storia.

Tre contraddizioni

Nelle ore immediatamente successive   alla sua scomparsa sono accadute tre cose contraddittorie.

Da un lato l’onda emotiva, di popolo, una vicinanza affettiva agli amici e alla famiglia di David inusuali per qualsiasi politico. Centinaia di migliaia di persone sgomente lo hanno accompagnato nell’ultimo saluto. Un sentimento vero, potente, pulito, di riconoscimento e gratitudine. Un sentimento umano e politico.

Dall’altro, una serie di dichiarazioni della politica ufficiale. Toccante il ricordo dei leader europei così come quello commovente di Enrico Letta. Più di circostanza le parole di elogio post morte di chi non ha mai considerato davvero importanti le battaglie di David, né il suo modo di intendere l’impegno politico e istituzionale. Come quando cercò di aprire la discussione sulla rinegoziazione del debito sovrano dei paesi più fragili.

Dall’altro ancora, le scelte concrete della politica. Soprattutto in Europa. Qui, il corto circuito più evidente tra il fiume di parole a favore della Presidenza Sassoli e le scelte politiche dell’ultimo mese. David avrebbe voluto continuare la sua esperienza ma aveva preso atto di difficoltà insormontabili. Di lì a poco, per responsabilità e per rispetto delle istituzioni comunitarie, avrebbe rinunciato alla candidatura. Non si sarebbe mai posto come uomo divisivo. Diciamo che non tutti coloro che si sarebbero dovuti spendere lo hanno fatto con la giusta determinazione.

Il contrario di quanto ha fatto Sassoli

Dalla sua rinuncia la sequenza degli eventi che sposta a destra l’asse del Parlamento è abbastanza chiara.

L’elezione di Roberta Metsola a Presidente, esponente della destra dei Popolari europei, contraria all’autodeterminazione delle donne e ambigua sulla gestione dei flussi migratori.

Una nuova maggioranza potenziale a destra nel Bureau della Presidenza del Parlamento. Voluta dai Popolari in crisi di consensi in tutta Europa. Costretti, nel dopo Merkel, a rinculare a destra. Anche nelle ultime elezioni in Portogallo.

L’elezione di un membro dei Conservatori (Ecr) nell’ufficio di Presidenza, di fatto l’ingresso del gruppo della Meloni nell’area di governo a Bruxelles. Notizia poco attenzionata in Italia ma che costituisce un precedente importante a un anno dalle elezioni nel nostro Paese. Se Fratelli d’Italia può governare in Europa non si capisce perché non potrà farlo in Italia. Anche il governo Conte fu preceduto da uno sdoganamento continentale del Movimento Cinque Stelle.

Da ultimo, l’esclusione dei 5 Stelle dall’ufficio di Presidenza. Un colpo alle relazioni tra il Movimento e il gruppo dei Socialisti e Democratici, fino a congelare la loro ipotesi di ingresso nel gruppo progressista. Cosa di cui si è parlato tantissimo nei mesi passati.

Riepilogando Metsola presidente, potenziale maggioranza a destra, dentro Ecr, fuori i Cinque stelle. Dunque uno spostamento negli equilibri del Parlamento. Grosso modo il contrario di quanto fatto con la leadership di Sassoli.

Guardando il volto degli scout, ascoltando la testimonianza della società civile organizzata, sottolineando le parole della Chiesa di Francesco, osservando le battaglie culturali dei suoi colleghi giornalisti, il testimone di David è in buone mani. Quel lavorio continuerà grazie ai suoi collaboratori più stretti e alla famiglia, magari con una Fondazione a lui dedicata.

Resta l’amarezza di assistere ad un cambio di orizzonte politico proprio nelle istituzioni europee a cui David ha dedicato tutto se stesso, fino alla fine. Noi continueremo a batterci per la medesima agenda dei due anni e mezzo che abbiamo alle spalle. E anche perché il nome di David non venga associato a cose che ha sempre combattuto. Sarebbe uno sfregio che non vogliamo permettere.

© Riproduzione riservata