Nel mondo universitario contemporaneo innovare la formazione significa ripensare modelli educativi, relazioni pedagogiche e luoghi dell’apprendimento, andando oltre la semplice adozione di strumenti digitali. Un caso emblematico riguarda le attività laboratoriali, da sempre legate alla presenza fisica e alla manualità.

Nel nostro Ateneo (Università telematica San Raffaele Roma) è stata avviata una sperimentazione nel campo delle discipline grafiche e progettuali, con l’obiettivo di trasferire integralmente online l’esperienza del laboratorio di Disegno. Il modello metodologico, comparativo, ha permesso di verificare se un ambiente digitale potesse non solo replicare, ma potenziare l’efficacia formativa dei percorsi pratici.

Al centro del progetto vi è un approccio learner-centred, in cui lo studente diventa soggetto attivo, che apprende attraverso interazioni multiple, attività collaborative e cicli continui di feedback e autonomia operativa. La progettazione si è ispirata al modello di Garrison, Anderson e Archer per l’apprendimento online (figura 1), e a quello di efficacia del team di Hackman, orientato a responsabilità condivisa e coesione.

Prove di laboratorio

Le attività sono state realizzate in un ecosistema digitale integrato: una piattaforma per la gestione dei percorsi, ambienti sincroni e asincroni, spazi collaborativi visuali e strumenti di authoring multimediale. Il laboratorio ha incluso esercitazioni individuali e di gruppo, peer review, valutazione progressiva e archiviazione condivisa. Esperienze analoghe in contesti internazionali confermano che ambienti digitali ben progettati favoriscono un apprendimento più profondo e duraturo, anche in discipline tradizionalmente legate alla pratica.

Uno degli aspetti più significativi è stato il passaggio da una narrazione sequenziale dei contenuti a una comunicazione infografica di tipo reticolare, coerente con il visual thinking delle nuove generazioni. Gli studenti hanno imparato a rappresentare idee in modo logico-visivo, sviluppando competenze multidimensionali e capacità di problem solving. L’innovazione, quindi, non risiede nel trasferimento tecnico, ma nella revisione dei tempi, degli spazi e dei linguaggi dell’apprendimento. Una trasformazione prima di tutto culturale.

La sperimentazione ha confrontato due gruppi di studenti, uno in presenza e uno online, con medesimi contenuti e obiettivi. I parametri valutati includevano flessibilità, accessibilità, interazione, rapidità, motivazione e raggiungimento degli obiettivi formativi. I risultati mostrano prestazioni equivalenti, con vantaggi specifici del digitale quali tracciabilità, uso avanzato dei media, feedback immediato e maggiore interazione docente-studente. Unica criticità, la minore socializzazione informale, mitigata tuttavia dal supporto di tutoring.

Tali esiti, coerenti con studi internazionali, confermano che gli ambienti virtuali possono generare apprendimenti di pari o superiore efficacia rispetto alla didattica tradizionale, aprendo la strada a modelli formativi più accessibili, personalizzati e fondati sulla ricerca.

L’esperienza condotta dimostra che il digitale non è una diminutio, ma un potente motore di innovazione, capace di trasformare anche discipline ad alto contenuto esperienziale. Progettare un laboratorio virtuale significa ripensare radicalmente spazi, tempi e strumenti dell’apprendimento, costruendo contesti coerenti con gli obiettivi formativi.

Evoluzione o revisione

La transizione verso modelli didattici ibridi o interamente digitali non rappresenta una semplice evoluzione tecnica, ma comporta una revisione sostanziale dell’impianto cognitivo e metodologico dell’insegnamento. I criteri che definiscono oggi la qualità della formazione non si esauriscono nella scelta della modalità di erogazione, ma si misurano nella coerenza e nella solidità del progetto educativo.

In questa prospettiva, la ricerca sui laboratori virtuali, condotta nel nostro Ateneo, offre un caso di studio significativo. Non si tratta di trasporre in digitale la struttura dell’aula tradizionale, ma di concepire ambienti di apprendimento progettati con rigore, orientati all’esperienza, e supportati da strumenti selezionati in funzione degli obiettivi formativi.

Anche ambiti disciplinari fortemente legati alla pratica manuale, come il disegno, possono trovare in questi contesti una nuova profondità formativa, a condizione che siano sostenuti da un impianto metodologico consapevole. Lo confermano, del resto, anche numerose esperienze internazionali promosse da istituzioni accademiche di alto profilo.

L’innovazione, in definitiva, non è nella tecnologia, ma nelle scelte pedagogiche che ne guidano l’integrazione, ed è il docente ad assumere un ruolo centrale come designer dell’esperienza didattica, capace di orchestrare contenuti, strumenti e relazioni in una trama formativa coerente e significativa.

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