A megghiu parola è chidda ca ‘un si dici. Così recita un proverbio siciliano il cui significato è di facile comprensione: la parola migliore è quella che non si dice. È un invito alla prudenza perché spesso il silenzio è più efficace delle parole che sanno essere lame affilate e taglienti, e perciò possono essere pericolose. È su questa base culturale che è nata l’omertà mafiosa che è un vincolo e un obbligo assoluto a non parlare. Ho pensato a tutto ciò quando ho visto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni tenere la bocca chiusa in diverse e importanti occasioni. Ripercorriamone alcune.

Quando si trattò di occuparsi della strage di Bologna dell’agosto 1980 Meloni parlò di terrorismo ma evitò di pronunciare la parola fascista che è la qualifica che storici e magistrati attribuiscono a quella orrenda strage che causò il numero più elevato di vittime innocenti di tutte le stragi dell’Italia repubblicana sia di matrice eversiva nate sotto l’ombrello della strategia della tensione sia di matrice mafiosa. Meloni ritenne prudente non fare uscire dalla bocca quella parola.

Altro episodio è quello delle dichiarazioni dell’ex responsabile della comunicazione della regione Lazio, Marcello De Angelis, che proprio sulla strage di Bologna assolse Fioravanti, Mambro e Ciavardini. De Angelis non è stato muto, anzi! Ha parlato, ha parlato troppo e ha parlato a sproposito. Alla loquacità di un simile personaggio, che non è certo uno sconosciuto essendo stato parlamentare per due legislature, ha fatto da controcanto il silenzio di Meloni che è stata zitta per tutto il periodo delle polemiche che sono rimbalzate su giornali e tv per giorni e giorni.

Il libro di Vannacci

Poi è arrivato il libro scritto dal generale Roberto Vannacci con le sue posizioni da tutti ritenute omofobe, razziste e contro persone omosessuali. Uno scritto controverso con giudizi sprezzanti, banali e molto discutibili che ha indotto il ministro della Difesa Crosetto, tra i fondatori di Fratelli d’Italia, a intervenire. Ne è nata una polemica pubblica che ha spinto altri ministri e dirigenti di FdI a polemizzare con Crosetto. Ha parlato persino il presidente della Repubblica Sergio Mattarella con parole pacate ma nette e inequivocabili.

Meloni è stata zitta anche quando è andata a Caivano. Ha fatto un monologo e non ha accettato domande temendo che qualcuno le chiedesse conto di quanto pochi giorni prima aveva detto il suo compagno, Andrea Giambruno, che ha pronunciato parole inqualificabili. Meloni non poteva commentarle.

In quale veste avrebbe dovuto farlo? Di compagna? Di leader di FdI? O di presidente del Consiglio? E ancora una volta ha scelto di stare muta. A questo punto una domanda è ineludibile: perché sta zitta quando s’affrontano certi temi? La risposta è semplice: perché non può fare diversamente. Tutto il suo ambiente di riferimento è vissuto come in un mondo parallelo, inventato.

Un ambiente molto particolare che non ha mai fatto i conti con il fascismo, con lo stragismo eversivo e con il lascito disastroso di Benito Mussolini. Che vive nel rimpianto e nella nostalgia dei tempi andati, che sogna ancora svastiche, gagliardetti, camicie nere, terre da conquistare e imperi da costruire. Rappresentano gruppi coesi che si sentono ancora in guerra con il “nemico interno”, che non si danno pace per il fatto che tutto sia finito a piazzale Loreto.

Meloni è espressione genuina di questo mondo che non può né sconfessare né difendere apertamente. Perciò deve tacere. Se lo sconfessa teme di perdere quei voti, se lo difende teme l’appannamento della sua immagine che sta cercando di costruire in Europa come leader affidabile. Ma un’immagine così fa a pugni con la giovane Giorgia Meloni di Atreju dove si esibiva De Angelis cantando Claretta e Ben, canzone dedicata a Claretta Petacci e Benito Mussolini.

Premier e leader di partito

Il punto vero è che Meloni non può parlare perché è presidente del Consiglio e segretaria di FdI. È questa doppia veste che la paralizza. Infatti non sempre si capisce quando parla da presidente del Consiglio e quando da leader di partito. Quando tace è perché non vuole e non può entrare in contrasto e in contraddizione con una delle due figure che riveste.

La segretaria di FdI vorrebbe parlare, ma la presidente del Consiglio non può farlo. Questa è la contradizione più evidente, e finché non se ne libera non sarà in grado di dire fino in fondo la sua opinione, e dunque scappa, si sottrae alle conferenze stampa, fa video solitari senza domande.

Potrebbe essere libera se rinunciasse al posto di segretaria di FdI. Ma non solo non vuole fare questo passo, ma addirittura sta costruendo, con la nuova responsabilità assunta dalla sorella Arianna, un partito a conduzione familiare seguendo un modello di Familismo amorale (per citare il titolo del famoso libro di Edward C. Banfield). Meloni è una e trina. All’apice c’è lei, poi c’è la sorella, poi c’è il cognato. Seguono caporali e pretoriani che tali rimarranno per sempre.

 

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