Il disegno di legge che prevede il consenso per le attività di educazione sessuo-affettiva a scuola risponde alla narrativa dei Pro Vita secondo cui ragazze e ragazzi sono assediati da contenuti sconvenevoli nelle classi. Ma chi lavora a scuola sa che questa visione è molto distante dalla realtà. Il 90% dei genitori si è dichiarato favorevole a queste attività in un sondaggio di Save the Children
Lo schema di disegno di legge in materia di consenso presentato al Consiglio dei ministri il 30 aprile non fa che aumentare lo scollamento tra la rappresentazione del mondo adolescenziale che sostengono le forze politiche di maggioranza e la visione, estremamente più complessa e reale, che hanno le famiglie, la comunità studentesca e la classe docente.
Da un lato abbiamo il ministro Giuseppe Valditara e la narrativa consueta dei movimenti Pro Vita, secondo i quali siamo sotto assedio. Ogni giorno bambin3 e ragazz3 sembrano vivere nelle classi pericoli letali, esposti continuamente a contenuti sconvenevoli, messaggi scandalosi e scene traumatiche tali da turbare i loro sogni e la loro innocenza; mentre i genitori – fuori dai cancelli – costruiscono trincee per bloccare l’avanzata di attivist3 gender rivendicando il proprio diritto, perché «i genitori nell’educazione non contano più nulla». Una sorta di martiri dei cortili scolastici, che lottano con convinzione in difesa della purezza e della castità, per la difesa dell’eterosessualità obbligatoria e la sacralità della vita fin dal concepimento. Questi genitori per la compagine della destra e di Pro Vita & Co. sarebbero la maggioranza nel Paese.
Dall’altro lato abbiamo chi la scuola la vive ogni giorno, perché vi studia o vi insegna, i bisogni espressi dalle associazioni studentesche, le difficoltà che segnalano i genitori e chi sta a contatto con gli adolescenti ogni giorno, la mia personale esperienza di formatrice nei percorsi di educazione sessuo-affettiva: salute mentale, ansia, depressione, disturbi alimentari, autolesionismo e difficoltà relazionali, dipendenza da tecnologia, bullismi e cyberbullismo, abbandono scolastico, violenza e sessismo. Uno spaccato che si evince dai dati presentati dalla ricerca statistica di Save the Children pubblicata a febbraio 2025, realizzata su un campione di 800 ragazz3 tra i 14 e i 18 anni e 400 genitori di adolescenti residenti sul territorio nazionale. Strano però che uno studio così ampio e rigoroso non abbia ricevuto l’attenzione di ministri e stampa come il sondaggio di Pro Vita e Famiglia, presentato nello stesso periodo, curato da un sociologo di Porta a Porta, e senza alcun dato numerico sul campione intervistato.
La vera maggioranza
Nel dossier di Save the Children meno di metà degli studenti dichiara di aver ricevuto un’educazione affettiva o sessuale a scuola. La copertura è superiore al Nord (57% nel Nord-Ovest, 61% nel Nord-Est), ma scende sotto il 40% al Centro, al Sud e nelle Isole (37%), accentuando la già marcata disparità territoriale nell’offerta formativa. Quasi sempre si tratta di un unico o pochissimi incontri o di una “giornata dedicata”: rarissimi sono i percorsi continui consigliati dalle linee guida internazionali sulla Comprehensive Sexual Education (CSE). Inoltre, dato estremamente pertinente per noi, oltre il 90% dei genitori si esprime a favore di queste iniziative educative ed è favorevole all’educazione sessuale come programma obbligatorio a scuola, mentre circa la stessa percentuale reputa necessario fornire un supporto formativo anche ai genitori per affrontare questi temi a casa. Appare tutt’altra maggioranza di pensieri, desideri, preoccupazioni.
Nessun furto di “ruolo”
E non sono solo numeri. Sono parole interrotte, percezioni, timori, silenzi, domande, momenti di condivisione e dialogo, spesso vissuti con forte impatto emotivo, che coglie spesso chi, come me, da formatrice ha la possibilità di parlare con i genitori, oltre che con studenti e insegnanti. La tesi di una “maggioranza dei contrari” regge solo nella propaganda, non si fonda su un contatto reale con le vite che si reclama di difendere, né sulla base di evidenze scientifiche.
I genitori – tanto acclamati da Valditara – in realtà chiedono l'opposto di quanto lui propone sull’educazione sessuo-affettiva. Basterebbe ascoltarli durante un circle time per capire subito che non provano rabbia per un presunto "furto" del loro ruolo educativo. Al contrario, esprimono gratitudine. Parlare di sessualità, emozioni e relazioni è sempre delicato, e lo è ancora di più nella fascia di età adolescenziale. Per questo, la presenza di docenti formati e consapevoli e il coinvolgimento di persone professioniste esterne che affrontano questi temi a scuola, in un ambiente sicuro, è vista come un grande valore: un supporto fondamentale per prevenire disagi e violenze, fenomeni purtroppo sempre più diffusi tra i giovani ma spesso invisibili agli occhi degli adulti.
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