In quest’ultime settimane, la commissione centrale elettorale ha verificato i criteri della registrazione dei candidati alle prossime elezioni presidenziali del 15-17 marzo 2024 in Russia.

Confermati automaticamente in base alla legge, il candidato indipendente, Vladimir Putin, e quelli sostenuti dai partiti parlamentari (il partito comunista della Federazione russa, quello liberaldemocratico e “Gente nuova”), sono state velocemente rigettate le candidature di tre esponenti per mancato raggiungimento della quota delle firme, mentre altri due hanno rinunciato.

Sono rimaste, invece, in sospeso quelle di Sergej Malinkovich, rappresentante dei “Comunisti di Russia” e di Boris Nadezhdin, sostenuto dall’Iniziativa civile perché, secondo il vicepresidente della commissione, Nikolaj Bulaev, sono stati riscontrati degli «errori e carenze importanti», mettendo in dubbio l’integrità «degli standard etici utilizzati da chi raccoglie le firme».

L’attenzione dei media internazionali si è concentrata sul candidato Nadezhdin perché sembrerebbe rappresentare l’ultima speranza (Nadezhda in russo) del movimento pacifista, riformista e liberale filo occidentale.

La candidatura di Nadezhdin

Dalla raccolta delle firme, alla pubblicazione del reddito, sino al fund raising per affrontare la campagna elettorale, la strada alla candidatura di Nadezhdin è stata irta di ostacoli, ma ha generato un rinnovato entusiasmo in quella parte della popolazione che non accetta il regime putiniano, sfidando anche le condizioni meteo, mettendosi in fila ad attendere il proprio turno, a 34 gradi sotto lo zero, come è successo nella repubblica di Sacha (Jakuzia) nella Siberia orientale.

Come Nadezhdin ha riconosciuto: «La commissione elettorale ha pubblicato il mio primo rapporto finanziario, che ho presentato insieme alle firme. Sul mio conto sono stati depositati 80 milioni di rubli: ancora una volta grazie mille a tutti per le vostre donazioni! Abbiamo già speso 52 milioni di rubli. La raccolta delle firme si è rivelata un’impresa molto difficile e costosa».

E, solitamente, è proprio la questione della validità delle firme che viene utilizzata per bloccare qualsiasi candidato, soprattutto se indesiderato.

La commissione elettorale ha riscontrato, infatti, che il 15,3 per cento delle firme consegnate da Nadezhdin non sono valide e, secondo la legislazione elettorale, è sufficiente il 5 per cento per l’esclusione dalla competizione.

Ciò che rende intrigante la questione è, però, il fatto che il quotidiano Novaja Gazeta Evropa ha scoperto che la maggior parte delle “anime morte o firme sporche” provengono proprio da uno dei gruppi che ha raccolto le firme: si tratta, quindi, di un sabotaggio di alcuni suoi sostenitori (e perché?) o di una mera speculazione?

La pista del complotto sembra affermarsi con il passare delle ore perche fonti interne al team di Nadezhdin esprimono dubbi sull’attività svolta da Maria Neveleva, che dirige il quartier generale di Nadezhdin a Mosca e ha «quasi immediatamente conquistato la fiducia della direzione, nonostante fosse stata già assistente di Nina Ostanina, deputata del Partito Comunista della Federazione Russa alla Duma di Stato».

Altro aspetto interessante è che la commissione centrale ha posticipato l’ufficialità della registrazione dei candidati all’8 febbraio, come da richiesta di Nadezhdin, per consentire una verifica più dettagliata delle firme.

In attesa del verdetto finale, chi sono gli altri esclusi dalla competizione elettorale?

Gli esclusi

Ma chi sono gli altri esclusi dalla competizione elettorale? Anatolij Batushev, leader del movimento “Ecosila 50” e membro del partito “Alternativa verde”, non è riuscito a raggiungere le 100mila firme necessarie entro il 31 gennaio, così come la candidata del Partito Democratico di Russia, Irina Sviridova, e il fondatore del Partito russo per la libertà e la giustizia, Andrej Bogdanov.

Sergej Baburin, candidato del partito dell’Unione nazionale russa, ha ritirato la domanda, esortando gli elettori a votare Putin perché «non bisogna dividere il potere in uno scontro con l’Occidente, non dovrebbe esserci una divisione delle forze patriottiche».

Non è mancata la nota di colore con la candidatura dell’influencer, make-up artist Rada Russkikh che ha dichiarato di avere l’obiettivo di «presentarsi sulla scena politica» per vincere le elezioni presidenziali del 2030 o 2036, visto che la sua vittoria ora sarebbe «il peggior esito possibile», perché non si sente ancora pronta a prendere il potere nel paese.

Tutte queste formazioni politiche extra-parlamentari rappresentano, in base ai dati delle ultime elezioni parlamentari del settembre 2021 circa il 3,5 per cento degli elettori. Al contrario, i partiti della Duma che esprimono i propri candidati presidenziali (escluso Russia unita, il partito del potere) esprimono circa 32 punti percentuali.

Popolarità a due cifre

Per quanto riguarda il peso elettorale di Nadezhdin, diversi sondaggi lo attestano al di sotto del 7 per cento, mentre l’istituto di sondaggio indipendente, Levada Center, alla domanda aperta di «nominare i politici di cui si fidano di più», solamente l’1 per cento degli intervistati cita l’oppositore del Cremlino rispetto al 50 per cento di Putin.

Anche il portavoce presidenziale, Dmitrij Peskov ha affermato che le autorità russe non lo considerano “un rivale” dell’attuale capo dello stato, ma Nadezhdin afferma che la sua «popolarità si esprime con numeri a due cifre».

Il fatto che la commissione elettorale si appresti a ufficializzare l’esclusione della sua candidatura potrebbe indicare che Nadezhdin non sia una pedina del Cremlino, come diversi analisti russi sostenevano, ma ormai un riferimento importante nella galassia dell’opposizione extra-parlamentare che non aveva più, dai tempi di Aleksej Navalny, un agitatore delle piazze.

La strada di casa

Nelle medesime ore in cui Nadezhdin stava aspettando l’esito, a Mosca si sono riunite, già da qualche sabato, le mogli dei soldati russi che stanno combattendo nel suolo ucraino. Si tratta del movimento “Put’ domoj” (la strada di casa) che si riunisce, con un garofano rosso in mano, davanti al milite ignoto ai giardini d’Alessandro a Mosca per rivendicare il diritto dei mobilitati di tornare dalle loro famiglie e di porre fine alla «operazione speciale militare fratricida».

Sinora, le manifestanti non avevano riscontrato problemi con la polizia anche a causa dello sparuto numero delle prime settimane, ma sabato scorso, esattamente dopo 500 giorni dalla mobilitazione, la situazione è degenerata.

Come si evince dai video del canale Telegram “Sota”, il numero dei partecipanti è aumentato e sono arrivati anche i giornalisti sul posto per intervistare le donne presenti al corteo.

Chi desidera il ritorno del marito a casa, chi afferma di non voler piangere sulla lapide del proprio caro e chi non accetta né una targa simbolo né i soldi di sussistenza del governo: il messaggio al presidente è chiaro.

E pensare che proprio nel febbraio 2023 lo stesso Putin, nel suo messaggio annuale all’Assemblea federale, aveva dichiarato che ai mobilitati sarebbero state concesse almeno due settimane di congedo ogni sei mesi di guerra.

Per limitare la visibilità mediatica ottenuta dal movimento, sono stati inviati i poliziotti che hanno proceduto con i fermi amministrativi – ricordiamo che in Russia scatta la procedura penale dopo tre fermi – di una trentina di persone, giornalisti compresi, mentre le altre donne, guidate dalla principale leader del gruppo, Marija Andreeva, si sono recate nella sede elettorale del presidente Putin per lasciargli un messaggio.

Il tema della guerra e del ritorno in patria dei soldati russi è stato affrontato dal candidato Nadezhdin che non solo ha incontrato alcune rappresentanti del movimento, ma ha affermato, sempre dal suo canale Telegram, che coloro che ritornano dalla guerra «dovranno essere ricondotti a una vita normale. Sarà molto difficile, ma è mia responsabilità. È importante che tutti i cittadini possano prendersi cura delle proprie famiglie e lavorare onestamente. Per fare ciò, le persone smobilitate dovranno sottoporsi a una riabilitazione completa e risocializzare».

Soffocare ogni protesta

Quale impatto avranno sull’elettore russo la probabile eliminazione di Nadezhdin e il movimento delle mogli che, ai tempi della prima guerra cecena, riuscirono a influenzare l’opinione pubblica contro il conflitto in atto?

È verosimile che il Cremlino abbia ritenuto di soffocare ex ante ogni eventualità di protesta nei confronti di Putin, ancor prima dell’inizio ufficiale della campagna elettorale per evitare le accuse di brogli elettorali che avevano contraddistinto il dissenso (rivoluzione bianca) alle elezioni parlamentari del 2011.

Tolto il candidato anti-guerra, eliminato anche il problema della contestazione del voto. L’eventualità che questa protesta sia solamente posticipata al giorno delle elezioni non è assolutamente da escludere, ma la questione dirimente è fino a che punto queste situazioni costituiranno il “punto di rottura” del patto sociale tra il Cremlino e la maggioranza dei russi.

Forse, sarà un ulteriore, ma non determinante stress test sulla stabilità del sistema che il presidente Putin ritiene facilmente risolvibile con gli strumenti repressivi a sua disposizione.

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