Tutte le organizzazione politiche hanno una naturale tendenza alla sopravvivenza. Anche dopo traumi fortissimi, superato il primo momento di sbandamento, tendono a serrare le file. Forza Italia seguirà questo percorso o la sua peculiarità è tale da produrre un big bang?

Il partito fondato da Silvio Berlusconi costituisce un unicum nelle democrazie europee – e non solo in queste. Non esistono casi in cui una formazione politica sia stata diretta ininterrottamente per trenta anni dalla stessa persona senza che si profilasse nemmeno l’ombra di un contendente. Persino Umberto Bossi, che dal nulla aveva creato un partito egemone in tutto il nord, a un certo momento venne fatto accomodare in panchina.

Partito patrimonio

La Lega era, ed è tuttora, un partito in carne e ossa, con strutture e norme codificate, e militanti ed eletti disposti a far sentire la loro voce, pur in regime di centralismo democratico e pugno di ferro contro gli oppositori: in Forza Italia queste condizioni non sussistono. Non tanto perché FI sia stato un partito personale.

Questa interpretazione sconta un tassello mancante, la sua connotazione patrimoniale: il fatto che il partito fosse stato costruito grazie alle varie branche dell’impero industriale berlusconiano che non riguardano soltanto il possente apparato comunicativo, quanto quella rete di altre strutture mobilitate allo scopo, dall’esercito dei promotori finanziari gesuiticamente fedeli al sodale dei primi tempi, Marcello Dell’Utri, capo di Publitalia, ad altre associazioni, come i Milan Club.

Il rischio evanescenza

In una sorta di paradosso, il partito cosiddetto di plastica si modellava in realtà sul layout organizzativo del partito di massa in cui tanti altri soggetti contribuirono alla sua costruzione. Come un tempo erano sindacati, cooperative, leghe e case del popolo, nell’èra postmoderna e della comunicazione valgono la televisione e il bagliore della finanza.

Il carattere patrimoniale del partito, proprietà del fondatore, si è accentuato fino al parossismo negli ultimi anni, quando è stata ricostituita Forza Italia dopo il collasso del Popolo della libertà. Per reggere al peso dei debiti, Berlusconi ha emesso una fidejussione di 90 milioni, ora salita a 100. Senza quei denari, personali, FI collassa.

Oltre a non aver introdotto alcuna riforma degna di questo nome, il Cavaliere non lascia in eredità nemmeno l’ombra di un partito liberal-conservatore, di cui pure avremmo tanto bisogno, e da tanti anni. L’evanescenza del partito da lui fondato, nonostante i successi elettorali, sancisce, ancor più di ogni altro aspetto, il fallimento della sua discesa in campo.

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