Francia e Germania stanno andando in direzioni opposte. Questa divaricazione non riguarda i grandi temi della politica europea, anzi: l’incontro tra i due ministri delle Finanze, Bruno Le Maire e Christian Lindner, è stato tutto rose e fiori, ben al di là delle aspettative.

Il ministro tedesco, presentatosi alle elezioni come il campione del rigore finanziario, ha invece sposato in pieno la visione francese – ed europea – di maggiore deficit spending spostando d’un colpo 60 miliardi, destinati al totem del pareggio del bilancio, alla transizione ecologica, decisione per la quale è stato accusato ferocemente dalla Cdu in patria, ma felicitato dal collega francese.

Le divaricazioni dell’elettorato

24 September 2021, North Rhine-Westphalia, Cologne: Olaf Scholz, Finance Minister and SPD candidate for Chancellor, speaks at an election campaign event and the official conclusion of the SPD's election campaign at Heumarkt. Federal Finance Minister Scholz wants to mobilize as many voters as possible for his party once again on Friday afternoon. Photo by: Rolf Vennenbernd/picture-alliance/dpa/AP Images

I due paesi si differenziano piuttosto  negli orientamenti di fondo dei rispettivi elettorati. In Germania la sinistra rosso-verde è ritornata al potere grazie ad un miracoloso recupero dei socialdemocratici, dati per spacciati appena tre mesi prima, e alla solidità del consenso agli ecologisti, benché certe performance locali e alcuni sondaggi avessero fatto presagire un loro sfondamento elettorale.

A questo asse portante si sono poi accodati i liberali i quali, per rientrare finalmente in gioco, hanno però dovuto accettare un programma molto sbilanciato a sinistra, il più socialmente progressista dai tempi di Willy Brandt (contrariamente a quanto scritto su molta stampa italiana che ha confuso lo stile low profile e l’aria mite di Olaf Scholz con il programma del partito).  

La Cdu e la sua costola bavarese Csu sono state sospinte verso i margini del sistema, costrette ad occupare – non senza proteste e polemiche - gli scranni di destra nel parlamento tedesco a fianco degli estremisti della Afd, mentre i liberali si sono spostati al centro, vicino ai nuovi partner di governo.

La Cdu, che ha appena eletto un nuovo leader nella persona di Friedrich Merz, una figura anomala nel panorama politico tedesco,  a cavallo tra business e politica, rischia ora di spostarsi ancora più a destra, al punto di perdere la sua connotazione storica di partito popolare (Volkspartei), con tutti i problemi di tenuta elettorale che ne conseguono.

Mentre la Germania vira a sinistra la Francia invece ha spostato il suo baricentro politico in direzione opposta.  L’ultimo sondaggio condotto dal Cevipof, un autorevole centro di ricerca di Sciences Po, indica un orientamento dell’elettorato in cui  poco meno del 30 per cento si dichiara a favore dei candidati presidenziali di estrema destra.

L’irruzione in questo campo del sulfureo saggista Éric Zemour ha ridotto il sostegno per la leader storica dell’estremismo di destra, Marine Le Pen, ma nel complesso questa area ha raggiunto un livello di consensi mai toccato prima.

Inoltre il partito post-gollista dei Républicains ha scelto per le presidenziali una figura dai tratti fortemente conservatori, Valérie Pécresse, ben più sensibile alle tematiche dell’identità nazionale e della sicurezza di alcuni suoi accreditati competitori interni.

Pur essendo appena entrata in lizza, i sondaggi le attribuiscono il favore di quasi il 20 per cento degli elettori, davanti sia a Zemmour che a Le Pen.

Se queste indicazioni rimarranno confermate, allora il presidente Emmanuel Macron, che viaggia oltre il 25 per cento delle intenzioni di voto, si troverà a duellare con la rappresentante della droite moderata, seppure in versione piuttosto aggressiva.

Una sfida ben più insidiosa per il presidente uscente rispetto a quella con un rappresentante dell’estremismo.

I guai a sinistra

25 September 2021, Brandenburg, Potsdam: Olaf Scholz, Federal Minister of Finance and the SPD's top candidate for the 2021 federal election, speaks during a campaign event in his constituency 61 at the Stadtplatz in the Am Schlaatz residential area. Photo by: Soeren Stache/picture-alliance/dpa/AP Images

Dall’altra parte dello schieramento, la sinistra  appare fuori gioco. Divisa in mille rivoli non riesce a trovare una linea comune. Troppe sono le divergenze politico-ideologiche, le idiosincrasie e i rancori personali, per individuare un candidato e una bandiera comuni.

La recente proposta di organizzare delle primarie comuni con tutti i candidati progressisti, lanciata da Chistiane Toubira, ex-ministra della Giustizia durante la presidenza di François Hollande, e personaggio rispettato e fuori dai giochi, rappresenta un tentativo in extremis per far rientrare  in scena la sinistra.

Nulla indica però che questa iniziativa possa essere accolta dai vari contendenti di quest’area. Per cui la sinistra francese continua a scivolare verso l’irrilevanza, lasciando il gioco in mano al centro, alla destra e all’estrema destra.

Sintomatico che il paese leader del continente abbia scommesso sulla sinistra mentre il suo partner storico, impigliato in una crisi di identità profonda, cerchi risposte a destra.

Anche se la Germania vira a sinistra e la Francia, al meglio, rimane ancorata ad un centro liberale macroniano, la collaborazione tra i due paesi non subirà contraccolpi.

Le relazioni franco-tedesche non sono mai state turbate da governi di colore politico diverso.

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