Se l'ultimo anniversario era stato quello della spudoratezza e degli inganni, questo 23 maggio si è celebrato nel segno delle ipocrisie e delle lacerazioni. Fra la Sicilia e Roma ci si è mischiati e ci si è divisi nel ricordo di Giovanni Falcone, il giudice che tutti tirano da ogni parte per le convenienze del momento, una sorta di permanente sottrazione di cadavere. Sono passati trentuno anni ma sembra un secolo per tutto ciò che è accaduto da quel giorno: dal dolore al rito, dalla rivolta alle liturgie, dalla rabbia agli amici dei condannati per mafia e persino agli stessi mafiosi che ormai urlano tutti insieme “la mafia fa schifo”. E chi dovrebbe mai contraddirli per una simile affermazione, chi potrebbe mai dire che non è vero?

È stata una commemorazione più sbiadita delle altre, meno pomposa, più sotto traccia. Con Maria Falcone, sorella del giudice, che è arrivata a questo 23 maggio dopo avere posato sorridente in una foto con il sindaco Roberto Lagalla, quello che in campagna elettorale nel giugno scorso aveva ricevuto l'appoggio di Marcello Dell'Utri e Totò Cuffaro senza mai prenderne le distanze.

Da una parte ha incassato l'endorsement dei due, dall'altra ha donato un palazzo comunale alla fondazione Falcone dove nascerà un museo intitolato ai due magistrati saltati in aria nel 1992. Giochi di prestigio, dove le parole confondono e si confondono fino a valere meno di niente in una Palermo avvilita e vinta.

Le altre voci

Le voci altre si sono alzate solitarie. Per esempio quella dell'ex procuratore Alfredo Morvillo, fratello di Francesca, la moglie di Falcone. Non c'è voluto l'interprete per capire a chi si stava rivolgendo: «Politica e mafia, Falcone e Borsellino non possono essere celebrati da chi convive con i collusi». L'ex procuratore ha disertato il dibattito nell'aula bunker dell'Ucciardone, ha preferito un incontro nel liceo frequentato dalla sorella Francesca.

Una famiglia di vittime – e che vittime – ormai spaccata in due da quando Francesca Morvillo è rimasta sola nella tomba del cimitero di Sant'Orsola. Per volere di Maria Falcone le spoglie del fratello erano state trasferite nella basilica di San Domenico, il pantheon dei grandi siciliani dove riposano Francesco Crispi e Ruggero Settimo, Emerico Amari e Camillo Finocchiaro Aprile. L'antimafia, in questi anni, è riuscita a dividersi pure i suoi morti più illustri.

Anche i cortei si sono separati il 23 maggio del 2023, quello ufficiale e l'altro di alcuni coordinamenti cittadino e dei sindacalisti della Cgil ormai stufi «delle passerelle» e di «una narrazione deviata della lotta mafia che non ci rappresenta». I non allineati sono stati fermati bruscamente dal s d’ordine della  questura. È la prima volta a Palermo, che la polizia mostra i muscoli contro gli studenti il 23 maggio. Veramente sconcertante.

Ed è il risultato di un anno vissuto pericolosamente dove la Sicilia si è ritrovata capovolta. Con un sindaco voluto da due condannati per reati di mafia, con il governatore Renato Schifani sotto processo per associazione a delinquere, con il buio totale certificato in una sentenza “sul più grande depistaggio della storia giudiziaria italiana” (il caso Borsellino), con la figlia europarlamentare del consigliere istruttore Rocco Chinnici che è passata dal Pd al partito dei due indagati per strage Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri, con la trattativa stato mafia cancellata con un colpo di penna.

E con Totò Cuffaro, pienamente “riabilitato” dal tribunale di sorveglianza dopo cinque anni di detenzione per favoreggiamento alla mafia, che oltre a indicare il sindaco di Palermo ora potrà finalmente ricandidarsi.

Il paese dei balocchi

LaPresse

A sei mesi dalla cattura di Matteo Messina Denaro sappiamo tutto delle sue calamite sul frigorifero, dei suoi selfie e dei suoi intrecci amorosi e sappiamo nulla dei suoi affari. Sono anche le cronache pettinate sull'arresto del boss di Castelvetrano che ci hanno accompagnato verso un 23 maggio così diverso, quasi irreale.

Giorno, gesto simbolico, in cui si è insediata con otto mesi di ritardo la commissione parlamentare antimafia per eleggere presidente Chiara Colosimo, finita nel fuoco delle polemiche per una foto che la ritrae con un terrorista dei Nar. L'ha votata solo il centrodestra, le opposizioni hanno abbandonato l'aula. Comincia male la nuova commissione e, viste le premesse, non credo che si annuncino giorni migliori.

Falcone, Borsellino, le stragi del 1993. È un diluvio di frasi fatte, di banalità in una Sicilia che assomiglia sempre di più al paese dei balocchi con il suo governatore – Renato Schifani – che può anche permettersi di dire questo: «L'ho sempre detto: mai fare regali alla mafia».

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