Caro Babbo Natale, converrai che questo anno sciagurato ha aggiunto una nuova categoria allo star system planetario. Gli scienziati. Ogni nazione ha il suo dream team che aggiorna sulle peripezie del Covid-19. Tra un picco e un vaccino, certezze variabili e biopic dati alle stampe, virologi più o meno telegenici sono saliti alla ribalta, spesso in chiara contrapposizione tra loro, per impartire i precetti di una buona educazione in presenza di una pandemia planetaria.

Dietro queste nuove star, come per ogni star, c’è un mondo enorme, di lavoro e vite umane che si intrecciano, i fanti e gregari, le formichine, tutti quelli che svolgono materialmente studi e ricerche.

Caro Babbo Natale, la normalità vorrebbe che una parte dello slancio, in termini di risorse e visibilità, che ha dato ampio lustro a questi personaggi e alle discipline scientifiche che rappresentano, andasse a nutrire anche chi in televisione non appare, ma che lavora giorno e notte dietro scoperte e risultati.

Invece. Il Comitato precari e ricercatori universitari ha lanciato un sondaggio, dal 6 all’11 ottobre, per mappare lo stato dell’arte della loro situazione professionale. Al sondaggio hanno aderito moltissime università ed enti pubblici. Il risultato, in piena pandemia, è stato imbarazzante.

Ricercatori, assegnisti e dottorandi, vivono senza la certezza di un domani, spesso sotto il controllo di figure a dir poco discutibili abituate a compiere ingiustizie e soprusi ai limiti del credibile. Mobbing. Dequalificazione. Lavoro senza salario. Isolamento. La lista può continuare all’infinito.

Ecco un paio di ricercatrici, scelte non a caso, le donne come sempre pagano il doppio: «I punti di riferimento non sono più persone da ammirare e seguire, ma da temere, da assecondare e da servire. Il loro ruolo, che definirei tranquillamente potere, porta ad un’inconscia subordinazione: devi accettare tutto quello che ti dicono e che fanno, anche se illogico e irrispettoso, perché solo così cresci. È così che funziona. Se ti ribelli o ti giustifichi, sei punito. Io sono stata mortificata, insultata (anche per la mia provenienza siciliana)».

«La questione della gravidanza è stata sintomatica per me perché ancora adesso devo sperare che mio figlio stia bene perché non mi è consentito ammorbidire gli orari con permessi o altro… per mesi non sono stata pagata, ne ero assicurata! Ma sono venuta comunque a lavorare».

A patire non sono solo i diretti interessati, che hanno sacrificato tutta la loro esistenza dietro il sogno dello studio e della ricerca, ma anche le loro famiglie, quelle d’origine, che hanno fatto sacrifici su sacrifici per far studiare i propri figli, e quelle che loro malgrado tutto hanno creato, anche senza avere certezza di nulla, a parte lo sfruttamento delle loro capacità un anno dopo l’altro. Sono storie che meritano di essere conosciute, che simboleggiano tanta parte della storia del nostro paese.

Caro Babbo Natale, tu che puoi, porta alla ribalta della cronaca la loro situazione, racconta a tutti che dietro i volti precisi di tanti scienziati-star ci sono gli scienziati veri, quelli che lavorano senza sosta ben oltre le classiche otto ore al giorno.

E se riesci, dall’alto della tua bontà, fai presente anche alla politica tutta della loro condizione. Magari, visto che ci sei, ricordagli pure che siamo tra gli ultimi paesi al mondo in termini di spesa su università e ricerca. Ma tu, caro Babbo Natale, non esisti e il terrore è che nessuno aiuti veramente chi in questo paese merita attenzione.

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