Il nuovo decreto del governo pone un problema sul tema della “certificazione verde”, introdotta dal decreto legge precedente, vale a dire l’attestazione comprovante uno dei seguenti stati (come si spiega sul sito del ministero della Salute): completamento del ciclo vaccinale contro il Sars-CoV-2; guarigione dall’infezione da Sars-CoV-2 (che corrisponde alla data di fine isolamento, prescritto a seguito del riscontro di un tampone positivo); referto di un test molecolare o antigenico rapido per la ricerca del virus Sars-CoV-2 e che riporti un risultato negativo, eseguito nelle 48 ore antecedenti. Com’è noto, la certificazione nazionale è destinata a essere sostituita da quella europea, attualmente in corso di predisposizione, il cui varo è previsto intorno alla metà di giugno.

L’ultimo decreto legge introduce una nuova disposizione, prevedendo che la certificazione verde abbia «validità di nove mesi dalla data del completamento del ciclo vaccinale» e sia rilasciata «anche contestualmente alla somministrazione della prima dose di vaccino», con «validità dal quindicesimo giorno successivo alla somministrazione fino alla data prevista per il completamento del ciclo vaccinale». In altre parole, la nuova norma, oltre a portare da sei a nove mesi la validità dell’attestazione di avvenuta seconda dose, contiene un elemento ulteriore rispetto al testo precedente: il rilascio di una certificazione sin dalla prima dose, valida dopo quindici giorni dalla prima somministrazione e fino alla somministrazione di completamento. Nella pratica, ciò significa che, considerato l’intervallo tra prima e seconda dose, il “green pass” avrà una validità di quasi un anno per chi riceve il vaccino AstraZeneca; di circa dieci mesi per Pfizer e Moderna, di nove mesi per Johnson&Johnson.

Liberi tutti?

Dal nuovo decreto si potrebbe trarre la conclusione che il certificato verde costituisca un’attestazione di “libertà” già a partire dalla prima dose, dato che la prima somministrazione non era stata considerata dal decreto legge precedente. L’interpretazione è complicata dal fatto che l’ultimo decreto prescrive che «dal 15 giugno 2021, in zona gialla, sono consentite le feste conseguenti alle cerimonie civili o religiose, anche al chiuso» purché «i partecipanti siano muniti di una delle certificazioni verdi Covid-19» previste dal decreto legge di aprile, che però parla di certificazione solo al completamento del ciclo vaccinale. Dunque si potrà intervenire ai ricevimenti di matrimonio o altro, oltre a muoversi tra regioni di colore diverso dal giallo, anche con una sola dose di vaccino, perché il nuovo decreto legge modifica sul punto il decreto precedente? Al riguardo, può essere utile svolgere alcune considerazioni.

Il nodo della norma dell’ultimo testo del governo sta nella parola «validità», cioè se “valido” sia sinonimo di “efficace” come “lasciapassare”, e basti una sola dose per essere più liberi. Al momento ciò non può dirsi del tutto chiaro. Gli scienziati affermano che sin dalla prima dose si ha una buona protezione per chi si vaccina, ma il tema è anche quello della trasmissibilità del virus. Su quest’ultimo punto, i “bugiardini” dei vaccini somministrati continuano ad affermare che al momento non ci sono certezze. Va anche detto, tuttavia, che si stanno raccogliendo evidenze di studi che accertano, specie per alcuni vaccini, una buona protezione anche dalla trasmissione del virus.

Data la situazione ancora non consolidata ufficialmente sul piano della scienza, ci si chiede se il legislatore abbia deciso, sul piano del diritto, che sia sufficiente una sola dose per poter intervenire in sicurezza, ad esempio, a feste la partecipazione alle quali è condizionata dal nuovo decreto al possesso del “green pass”. Si tratterebbe di una scelta politica, rimessa alla volontà del decisore. Ma, per quanto detto, resta il dubbio se la nuova disposizione distingua tra emissione della certificazione intesa come un documento che “validamente” attesta l’avvenuta prima dose, ma la cui efficacia come “lasciapassare” resta ancorata al completamento del ciclo vaccinale, oppure abbia voluto sancire che tale attestazione di avvenuta prima dose basti per accedere a determinati luoghi o attività. Probabilmente, occorrerà attendere le Faq sul punto.

Un’ultima considerazione. Al di là delle scelte politiche di chi scrive le norme, sarebbe meglio scriverle in modo tale che siano comprensibili al di là di ogni dubbio. Purtroppo, questo non sembra il caso delle disposizioni sul certificato verde.

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