L’aggressione putiniana all’Ucraina ha prodotto effetti non previsti e, paradossalmente, persino positivi. Come è stato più volte sottolineato, la Nato ha ritrovato una mission  e l’Unione europea ha tirato fuori gli artigli , mostrando riflessi pronti, coesione e fermezza.

Un altro passo in avanti verso quella comunità di intenti che è mancata nel passato, e che solo la pandemia aveva fatto sorgere. Le sfide drammatiche servono proprio a smovere inerzie e immobilismi.

Di fronte alla guerra i particolarismi e gli interessi grettamente nazionali sono stati messi da parte.  Non sono scomparsi del tutto, ma certamente c’è una maggiore consapevolezza di un destino comune dalla Vistola al Tago. E della necessità di difendersi adeguatamente.

Non è alle viste un esercito europeo, benché una grande maggioranza di cittadini dell’Ue lo chieda da anni, ma almeno un coordinamento maggiore, sì.

Poi rimangono aperte altre questioni: il livello di integrazione delle forze armate nazionali nel sistema Nato, se totale o parziale, e il quadrante geopolitico di maggior rilievo, se il mediterraneo orientale o l’Est continentale.  

Tutti problemi sul tappeto da tempo ma che ora hanno trovato il “momentum” affinché siano affrontati  in una ottica comunitaria.

Lo stesso vale per la questione dei migranti. Agli ucraini in fuga è stata predisposta un accoglienza inedita per generosità. L’Unione europea ha adottato per la prima volta la direttiva della protezione temporanea del 2001 che consente di riconoscere subito lo status di rifugiato, e i singoli paesi, si sono messi a disposizione per accogliere i milioni di persone, soprattutto donne e bambini, provenienti da quel paese.

Questo slancio di solidarietà deriva anche dall’inedita esposizione mediatica degli effetti dell’invasione.

Tutti hanno visto in diretta cosa sia la guerra: case bombardate, famiglie distrutte , morti per strada, gente che fugge dal pericolo con solo quello che ha indosso.

L’emozione che provocano quelle immagini hanno portato ad un brusco, e salutare, cambio di atteggiamento nei confronti dei migranti.

Chi strepitava per lo sbarco di una nave di  disperati sulle nostre coste ora finalmente tace. Ricordiamo però che anche altrove i civili hanno sofferto e soffrono le medesime pene degli ucraini.

Allora, la solidarietà non si può limitare a chi ha la pelle chiara, i capelli biodi, gli occhi azzurri ed è pure cristiano. Deve comprendere anche quelli di carnagione scura, con occhi e capelli corvini. Altrimenti ci puliamo la coscienza con il razzismo.

Lo sforzo che fanno ora i polacchi nei confronti  degli ucraini è meritevole ma non cancella la vergogna degli idranti e dei cani lanciati dalla loro polizia contro i migranti afghani e siriani l’inverno scorso – procurando la morte per assideramento e denutrizione di almeno 13 persone.

L’accoglienza dei disperati in fuga non va calibrata in base alla provenienza. Teniamolo a mente di fronte ai prossimi sbarchi.  

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