Quando ero piccolo non era raro nella Germania rurale vedere degli anziani senza una gamba o un braccio.

Da bambino pensavo fosse una fase naturale del processo di invecchiamento: si aggiungono gli anni e si perdono gli arti. Non ricordo esattamente quando un adulto benintenzionato mi disse invece che si trattava, in realtà, di cicatrici perenni della seconda guerra mondiale. Ricordo però com’è stato crescere in mezzo ai perpetratori e ai sopravvissuti di quella guerra.

Uno dei miei nonni era stato chiamato alle armi all’età di 19 anni, dal suo apprendistato di fabbro nella Wehrmacht, e inviato al fronte orientale, dove aveva aiutato a scovare i combattenti della resistenza antifascista prima di essere catturato dall’Armata Rossa e spedito in un campo di lavoro sovietico.

L’altro mio nonno era troppo giovane per combattere. L’esperienza della seconda guerra mondiale fu quella di un bombardamento a tappeto, fughe a piedi nudi dalle macerie roventi, fame e ragazzi portati di fretta al fronte in un ultimo disperato tentativo dei nazisti di fermare l’avanzata dell’Alleanza.

È scomparso recentemente, dopo anni di declino fisico e cognitivo. Mentre la sua forza svaniva però, i suoi ricordi diventavano più vividi. Abbiamo dovuto sostituirgli il frigorifero, perché il ronzio gli ricordava i motori dei bombardieri che gli volavano sopra la testa e lo faceva svegliare in preda al panico. Non riusciva a guardare le notizie in televisione delle guerre in Siria o in Afghanistan, perché la difficile situazione dei profughi gli ricordava troppo la sua.

Non era nemmeno un adolescente quando la seconda guerra mondiale è finita, eppure gettò un’ombra sul resto della sua vita.

Non resistiamo al paragone con l’Ucraina oggi: la guerra di aggressione della Russia non è soltanto una tragedia al singolare e in astratto - geopoliticamente, economicamente, ecc. - ma un conglomerato di innumerevoli tragedie individuali. Per qualcuno, le esperienze della violenza sponsorizzata dallo stato diventeranno i primi ricordi. Per altri, segneranno un momento in cui la vita è stata alterata in maniera irrevocabile.

Le cicatrici di questa guerra rimarranno per tutta la vita. Questa è la ragione per cui la solidarietà con l’Ucraina non è solo una difesa, per quanto imperfetta, dei principi generali, ma del concreto sviluppo umano: di proteggere le persone dall’esperienza della guerra e dalle chimere di grandezza imperiale.

Non sorprende che tutti i tentativi di ambiguità ignorino il prezzo umano di questa guerra, sia nel caso in cui si sottolineano gli astratti “interessi legittimi” della Russia in Ucraina, sia che si consideri l’invasione di Putin a confronto con le precedenti guerre americane. Ma anche questa è una lezione del ventesimo secolo: quando la sofferenza delle persone scompare dal calcolo politico, il liberalismo ha perso.

Martin Eiermann è un sociologo e un collaboratore di Persuasion. Questo articolo è stato pubblicato sulla testata online Persuasion. Traduzione di Monica Fava

© Riproduzione riservata