«Rinunciare ad alcune libertà per tutelare la salute», ha chiesto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ai cittadini e alle cittadine del paese. Mentre il virus rialza la testa e avanza la minaccia di una seconda ondata, la parola d’ordine torna ad essere quella della fase 1: regole.

Regole di comportamento, regole sanitarie, regole che se violate implicano una sanzione grave. Regole che secondo alcuni richiedono, per essere rispettate, anche l’impiego dell’esercito.

Le regole anti-Covid19 limitano l’esercizio delle nostre libertà. Sappiamo che ne abbiamo bisogno, perché mai come di fronte al rischio del contagio diveniamo coscienti della nostra interdipendenza e della responsabilità di ognuno verso tutti. Però, dopo oltre sette mesi di “stato d’emergenza”, siamo sempre meno disposti ad accettarle senza discutere.

Tantomeno possiamo tollerare un nuovo caos di competenze confuse e sovrapposte tra istituzioni e livelli di governance, del tipo già sperimentato in primavera. (La mancata partita Juve-Napoli di domenica è stata solo la manifestazione più recente di un problema generale).

Per questo non è più tempo di decisioni verticali, di scelte compiute a porte chiuse nelle stanze del governo.

La fase 2 richiede condivisione – tra maggioranza e opposizione, tra governo e cittadini: sia della ratio, dei limiti, degli obiettivi delle misure sanitarie; sia delle proposte, delle visioni, delle prospettive in campo per la ricostruzione del paese. Richiede, anche, di garantire chiarezza e univocità delle prescrizioni.

È quindi un segnale positivo il passaggio del nuovo dpcm, il decreto della presidenza del Consiglio, in parlamento e il confronto con le regioni. Di fronte all’epidemia non basta “buonsenso degli italiani” invocato da Matteo Salvini (qualunque cosa significhi).

Servono misure proporzionate, efficaci, e sempre aperte al controllo e alla discussione democratica.

Serve, inoltre, uno sforzo effettivo per una comunicazione trasparente e rispettosa verso i destinatari delle regole, i cittadini: meno proclami paternalistici e più informazione corretta, completa, coerente, aderente ai fatti, nonché attenta a trasferire il senso e i limiti dell’azione di governo.

Il potere politico si trova a fare i conti con due limiti insuperabili. Uno è il diritto alla salute tutelato dalla nostra Costituzione come diritto fondamentale. Nessun governo potrebbe legittimamente ignorare un pericolo concreto e attuale per la salute dei cittadini.

Il secondo limite è quello che il giurista Hans Kelsen chiamerebbe di “validità materiale”: ci sono materie che non sono sottoponibili, di fatto, ad alcuna regolamentazione, perché non ricadono nel dominio della politica. Nessun governo può far sparire il virus per decreto, né modificare le verità scientifiche. 

Nessun governo, però, può nemmeno nascondersi dietro alla scienza, facendone la propria fonte ultima di legittimazione.

La politica ha il compito cruciale di perseguire l’interesse collettivo mediando tra le diverse esigenze della società. Se vorrà, a questo fine, la fiducia di cittadini e cittadine, dovrà cominciare a trattarli come persone adulte.

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