Torna al centro dell’attenzione Giovanni Paolo II. La vicenda di Emanuela Orlandi, la giovanissima cittadina vaticana scomparsa a Roma quasi quarant’anni fa in circostanze oscure, è negli ultimi mesi tornata in primo piano. Ma alle molte ipotesi che si sono moltiplicate in questi decenni si sono aggiunte nei giorni scorsi insinuazioni su Giovanni Paolo II. Ha reagito subito con energia il suo antico segretario Stanisław Dziwisz, ora arcivescovo emerito di Cracovia, seguito dai media vaticani. «Illazioni offensive e infondate» le ha poi definite papa Francesco, parlando domenica scorsa dopo la preghiera di mezzogiorno.

La figura di Karol Wojtyła è poi al centro di un libro appena uscito in Spagna. Si tratta delle memorie postume (Mis años con Juan Pablo II. Notas personales) di Joaquín Navarro-Valls: seicento pagine che l’autore – per ben ventidue anni direttore della Sala stampa della Santa sede - ha scritto nel corso della sua esperienza vaticana.

Navarro-Valls aveva iniziato a trascrivere i suoi appunti, ma poi ha deciso – per la malattia che nel 2017 lo ha portato alla morte – di consegnarli all’università della Santa Croce, espressione dell’Opus Dei, l’organizzazione a cui il medico e giornalista spagnolo apparteneva come membro «numerario», cioè laico votato al celibato. Ma il testo doveva essere pubblicato solo dopo la sua scomparsa. Forse Navarro-Valls temeva di apparire come «modello» di comunicazione proprio mentre era in corso la riforma dei media vaticani, sottolinea Diego Contreras, uno dei curatori che hanno sistemato e annotato il manoscritto.

«Portavoce» del papa

La preoccupazione era fondata, perché Navarro-Valls era ben cosciente del suo ruolo e di quanto era riuscito a realizzare nella comunicazione della Santa sede, pur tra molte resistenze, critiche e polemiche. Numerosi infatti sono stati gli ostacoli frappostigli nel corso di un ventennio. Navarro-Valls si è infatti sempre percepito come «portavoce» del papa: una definizione che ritorna con insistenza nelle memorie, ma che è mal sopportata in un mondo chiuso e antiquato come quello vaticano dove, in teoria, è bandito ogni personalismo.

A queste difficoltà non è stata ovviamente estranea l’appartenenza di Navarro-Valls all’Opus Dei. L’organizzazione, spesso al centro di critiche e controversie, proprio da Giovanni Paolo II ha ottenuto nel 1982 lo statuto particolare di «prelatura personale», unico nella chiesa cattolica e che ora è in fase di revisione.

Ma al mito negativo dell’Opus Dei, consacrato dal Codice da Vinci, si è contrapposto con efficacia il ruolo di Navarro-Valls. Al punto da divenire uno dei protagonisti – con tratti non proprio positivi – dell’ultimo romanzo vaticano di Morris West pubblicato nel 1998. Anche se in Eminenza il direttore della sala stampa vaticana, che appartiene alla prelatura, si chiama Domingo Angel-Novalis ed è un monsignore aragonese.

In queste memorie si parlano l’autore e il papa polacco, la cui figura si staglia sull’ambiente vaticano e sullo scenario mondiale. Gli appunti sono un racconto in prima persona, molto partecipato, a volte fin troppo minuzioso ma a tratti avvincente, che inizia di fatto nel 1986, quando l’autore è ormai entrato nel ruolo.

La nomina

La preoccupazione è quella di registrare fatti e parole. Con scrupolo, ammissioni di errori ma anche con reticenze. Come nel prologo sulla sua nomina come direttore della sala stampa, verso la fine del 1984, riassunta con tratti che lasciano solo intuire l’origine della sua candidatura. Questa viene infatti di fatto decisa il 18 novembre in una cena a cui prende parte, tra gli altri, Eduardo Martínez Somalo, e durante la quale il papa fa il nome di Andrzej Deskur, suo grande amico: due ecclesiastici, poi cardinali, molto vicini all’Opus Dei.

All’epoca Navarro-Valls – medico poi diplomato in giornalismo all’università di Navarra, dell’Opus Dei – era corrispondente a Roma del quotidiano madrileno Abc ma già aveva raccontato in un libro la morte di Paolo VI, il brevissimo pontificato di papa Luciani e l’elezione di Wojtyła, tra l’estate e l’autunno del 1978. E proprio dei conclavi di quell’anno Giovanni Paolo II parla il 13 giugno 1986 in una cena con Indro Montanelli, presenti Dziwisz e Navarro-Valls.

Interrogato da Indro Montanelli sullo svolgimento dell’elezione il pontefice conferma che questa non era stata facile e che il suo nome era stato votato già nel primo conclave del 1978, aggiungendo poi: «E prima». Il giornalista spagnolo dichiara di ignorare il significato dell’espressione, ma questa non può che riferirsi a un fatto poco noto ma già emerso, e cioè che alla candidatura dell’arcivescovo di Cracovia si pensava sin dagli ultimi tempi del pontificato di Paolo VI.

In effetti su Panorama del 22 marzo 1977, oltre un anno e mezzo prima dell’elezione, un articolo descriveva la figura dell’arcivescovo di Cracovia «appoggiato dai cardinali americani». In un ritratto, non del tutto attendibile, Wojtyła era definito teologicamente su posizioni avanzate, ma presentato con parole attribuite al cardinale Stefan Wyszyński, primate di Polonia: «Unisce al fascino di Pio XII il carisma di Giovanni XXIII e il senso morale della politica di Paolo VI».

Evidente nelle memorie è il protagonismo dell’autore, attivissimo nel comunicare e costruire l’immagine del papa, onesto il riconoscimento di diversi errori, commovente la sua testimonianza del declino fisico del papa, alla fine straziante. Ma trasparenti sono anche le sue incomprensioni, come nel caso degli abusi – che esplode nel 2001 – e soprattutto della vicenda scandalosa di Marcial Maciel, il fondatore dei legionari di Cristo destituito da Benedetto XVI.

E bene riassume il senso delle memorie la loro conclusione, di tono agiografico: con Giovanni Paolo II – riconosce Navarro-Valls – tutto era «facile, anche nelle occasioni in cui, per la natura dei temi, le cose erano di per sé difficili. L’accesso diretto e continuo alla sua persona mi permetteva di avere il polso della situazione e, pertanto, di poter adattare quello che si comunicava nella sala stampa alla vera realtà di quello che succedeva. Riconosco che questo non è normale. Sono stato un privilegiato. Ma soprattutto sono privilegiato perché ho potuto vedere da vicino un santo».

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