Perché la villa del microbiologo Andrea Crisanti è una notizia? Servizi video tipo quello di Repubblica.it, con le interviste ai vicini («Siete contenti? Lo avete seguito in televisione? E il barista Delio cosa pensa?»), e decine di articoli ci dicono qualcosa, ma cosa?

Cristanti è uno di quegli scienziati che, nella pandemia, ha anche lavorato, oltre che stare in tv. Con il suo studio a Vo’, nel 2020, il professore dell’Università di Padova è stato tra i primi a intuire la contagiosità degli infetti da Coronavirus asintomatici.

Oggi Crisanti è consulente della procura di Bergamo che indaga sugli errori commessi in Lombardia nella gestione delle zone rosse di Alzano e Nembro.

Succede che Crisanti si compri una villa, pare da un paio di milioni di euro (ma qual è la fonte del  prezzo? Boh) vicino a Vicenza. E questo diventa una notizia. Perché? La premessa, mai dichiarata quasi fosse ovvia, è che Crisanti si sia arricchito con la pandemia.

L’interessato ha spiegato che devolve alla ricerca i proventi delle consulenze legate al Covid (gli crediamo sulla fiducia), ma pure se avesse aumentato il suo reddito, sarebbe una notizia?

Dovremmo allora contare tutti i farmacisti che hanno comprato una seconda casa grazie alle mascherine vendute al doppio o al triplo del costo, o grazie ai tamponi somministrati in esclusiva (guai a farli fare ai parafarmacisti); oppure dovremmo studiare il conto in banca di Roberto Burioni, altro opinionista tv e consulente, o interrogarci sui salti di carriera di Antonella Viola, viro-star tra libri, conferenze a gettone, copertine di magazine e tanta tv… Per non parlare di Elon Musk, che in pandemia ha aumentato di sette volte il suo già cospicuo patrimonio.

Magari c’è un grande scandalo dietro la villa di Crisanti, ma finora non se n’è vista traccia alcuna. Infatti la vicenda della villa non dice nulla di Crisanti ma molto del giornalismo italiano.

Dagli oracoli alla melma 

Per ignoranza di qualunque rudimento scientifico, l’informazione ha trattato la fase iniziale della pandemia con le categorie della superstizione: il popolo spaventato si rivolge agli oracoli, i virologi (senza distinguere tra esperti di epidemie, ricercatori su topi, chimici ecc.).

Passato il panico, i media hanno ricondotto questi santoni alla dimensione che il giornalismo italiano meglio padroneggia: il chiacchiericcio politico. Il virologo come opinionista.

A stare molto in tv si diventa popolari e dunque politicamente rilevanti: ecco dunque l’ultima mutazione, il virologo diventa protagonista della cronaca politica, conta più di un ministro, è lui (o lei) a certificare l’efficacia o il fallimento delle scelte dell’esecutivo.

Se il virologo è politico gli si applicano stesse categorie del giornalismo politico: se Massimo Galli è accusato di aver truccato concorsi all’università di Milano, la notizia è che il saggio virologo televisivo è sotto inchiesta (a nessuno importa dei concorsi…).

Se Crisanti compra una villa ci sarà del marcio: la caduta dell’ex presidente del Veneto Giancarlo Galan non è cominciata con l’acquisto di una villa milionaria, poi sequestrata e messa all’asta?

Con l’arrivo del Covid, il giornalismo italiano poteva emanciparsi dal chiacchiericcio politico e parlare, finalmente, di cose serie come la ricerca, i modelli epidemiologici e un uso responsabile della statistica.

Invece che elevarsi, ha preferito trascinare anche esperti autorevoli nella melma dell’infotainment col fondale di Montecitorio. E’ stato più semplice trovare il vaccino contro il Coronavirus che immunizzare l’informazione italiana dalle sue malattie croniche.

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